Secondo le leggende fondative dell’antica Roma la fine della monarchia fu innescata dallo stupro che Sesto Tarquinio, figlio del re Tarquinio il Superbo, compì su Lucrezia, moglie di suo cugino Lucio Collatino. Nella cultura dell’antica Roma una violenza di questo tipo, oltre a essere una grave ingiustizia, aveva un carattere eversivo e tirannico, perché la famiglia e il ruolo della donna avevano precise connotazioni a tutela del mantenimento dell’equilibrio dello Stato.
La storia propone diversi esempi di come la negazione della memoria sia stata usata come strumento politico al fine di favorire riconciliazioni e amnistie dopo periodi particolarmente violenti e problematici. Ma è davvero possibile, e giusto, negare la memoria, i torti e le violenze subite o perpetrate, anche se in nome della pace e della civile convivenza fra popoli?