Clicca qui per leggere una piccola storia del patto con il diavolo (dal blog Anticorpi.info)
La casa di tolleranza come soglia
Varcare la soglia di una casa di tolleranza e incontrare una prostituta, in letteratura, non è quasi mai un atto neutro: se, da una parte, nella letteratura dell’Ottocento e del primo Novecento, frequentare le case di piacere è un atto “normale”, consueto e privo di quell’aura di scandalo che avrebbe farlo in un libro ambientato ai nostri giorni, è anche vero che ogni personaggio che si getta nelle braccia di una prostituta subisce una modificazione. Si esce da quell’esperienza diversi da come vi si è entrati: si paga per l’amore, per la compagnia, per sconfiggere la propria solitudine ma, una volta fuori, ci si trova cambiati. Così, Adrian prende coscienza della propria dannazione e inizia il lungo percorso che lo porterà alla follia, ma non sono rari nemmeno gli innamoramenti: esemplare è quello che travolge Antonio Dorigo, protagonista di Un amore (1963) di Dino Buzzati. Il romanzo racconta la storia di un uomo di cinquant’anni, Dorigo appunto, incapace di innamorarsi: per lui le donne sono creature lontane che non è in grado di comprendere. Frequenta abitualmente, senza implicazioni sentimentali, una casa d’appuntamenti a Milano. Finché tra le ragazze non arriva Laide, giovanissima eppure cinica, sprezzante: di lei Dorigo si innamora perdutamente e la corteggia, benché lei ne respinga l’affetto e voglia mantenere la relazione su un piano puramente professionale. La vita di Dorigo cambia ugualmente: egli mantiene la ragazza, la tratta come sua nonostante il disprezzo che riceve in cambio. Poco importa, sembra dire Buzzati: l’importante è che questo amore sporco abbia acceso nel suo protagonista una scintilla di vita.
Clicca qui per leggere un ritratto di Henri de Toulouse-Lautrec, pittore francese che frequentò e ritrasse le case di tolleranza parigine di fine Ottocento
L’abiezione, la redenzione e la pietà
Pieni di prostitute sono i romanzi del grande scrittore russo Fëdor Dostoevskij: esse vi giocano sempre un ruolo chiave. Simbolo di perdizione e di miseria, sono però, al tempo stesso, creature dotate di una dignità e una purezza che non sempre i protagonisti dei romanzi dostoevskiani possiedono. Due esempi su tutti: le Memorie dal sottosuolo (1864) e Delitto e castigo (1866). Nelle Memorie, sordida storia di un personaggio in guerra con il mondo e con se stesso, il narratore si presenta come un uomo malato, più intelligente degli altri e per questo fuori posto, solo. Egli cerca costantemente rifugio nell’irrazionalità e nell’auto-umiliazione: si considera un individuo abietto, che passa la propria vita in povertà analizzando impietosamente le proprie contraddizioni e bassezze. Convivono in lui la tentazione di umiliarsi mettendo sulla pubblica piazza le proprie miserie e la smania irrazionale di emergere. Così, nella seconda parte del romanzo, egli fa la cronaca delle azioni più basse che ha compiuto nella vita: l’apice è il suo rapporto con Liza, ingenua prostituta a cui fa credere di essere un benefattore e di essere innamorato di lei. Perché? Per provare a se stesso quanto in basso ci si può spingere. L’ultimo incontro tra i due è drammatico: convinta di aver trovato l’amore e di potersi liberare della sua professione, Liza va a casa del narratore che invece la umilia pagandola.
Sonja, invece, in Delitto e castigo fa la prostituta per mantenere la famiglia: ma è una donna pura, pia, capace di assumere su di sé il dolore degli altri e di riscattarlo. Si innamora, ricambiata, di Raskol’nikov, il protagonista del romanzo: egli ha commesso un omicidio per dimostrare a se stesso di essere un grand’uomo e si ritrova solo, disperato, in preda alle febbri. È grazie a Sonja che Raskol’nikov accetterà di guardare in faccia la propria colpa e di espiarla: insieme partiranno, alla fine del romanzo, per la Siberia, dove lui sconterà la pena e lei lo aspetterà.
Delitto e castigo in un video di tre minuti: clicca qui per vederlo
Katjuša Maslova è un’altra figura dalla grande forza morale che attraversa le pagine di Resurrezione (1899), ultimo romanzo di Lev Tolstoj: costretta a prostituirsi, viene accusata di omicidio. Al processo, tra i membri della giuria c’è il principe Nechljudov, che in un’altra vita sedusse la donna e contribuì alla sua sfortuna. Una volta condannata, Katjuša parte per la Siberia seguita dal principe – i cui sensi di colpa nei suoi confronti lo spingono a chiederle di sposarla e ad abbandonare tutto per lei. Ma la donna diffida di lui e lo tiene lontano: compirà da sola il percorso che la porterà alla redenzione e sceglierà, per una volta in modo autonomo, la strada da percorre a fianco di un compagno di detenzione.
Riscatto a Hollywood
All’inizio degli anni Novanta tutto il mondo si è innamorato di una prostituta. Si trattava di Vivian Ward, protagonista del celebre film Pretty Woman (1990) e interpretata da Julia Roberts. La sua storia, in tutto e per tutto una favola, è presto detta: tra i suoi clienti c’è Edward Lewis, un miliardario senza scrupoli che la adesca, la “affitta” per una settimana e finisce per innamorarsi di lei, ricambiato. Grazie all’amore, lei potrà affrancarsi dalla sua professione e lui, invece, scoprirà, come si conviene a ogni commedia americana, il valore dei sentimenti.
Il trailer del film Pretty Woman (1990) (via YouTube)
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Immagine di apertura: Henri de Toulouse-Lautrec, "Al Salon di rue des Moulins". Albi, Musée Toulouse-Lautrec (via Wikimedia Commons)
Immagine per il box: Edouard Manet, "Le dejeuner sur l'erbe". Parigi, Musée d'Orsay (via Wikipedia).