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L’Egitto dopo Mubarak

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Dalle elezioni presidenziali, i cui risultati vengono resi ufficiali il 24 giugno 2012, esce vincitore Mohammed Morsi, sessantunenne ingegnere esponente dei Fratelli Musulmani. A lui viene attribuito il 51,7% dei voti. Il rivale Ahmed Shafiq, esponente del vecchio regime in quanto già primo ministro al tempo dell’ultimo Mubarak, viene battuto nonostante l’appoggio di buona parte dell’establishment, della burocrazia, dei laici moderati e dei militari, nonché della maggioranza dei cristiani copti.

L’atmosfera delle elezioni presidenziali egiziane era stata resa rovente da un atto della Corte costituzionale, in carica fino all’approvazione della nuova Costituzione, probabilmente ispirato dalla giunta militare che regge saldamente l’Egitto durante la transizione. Con un atto inatteso, a metà giugno, la giunta aveva invalidato le elezioni parlamentari del dicembre 2011, dalle quali era uscito un parlamento dominato dai partiti islamici (circa il 65% dei voti, con oltre il 20% al partito degli estremisti salafiti).

Le prime dichiarazioni di Morsi sono state concilianti sul piano della politica internazionale, in quanto si è detto intenzionato a rispettare i trattati. Tuttavia sembra probabile un riavvicinamento dell’Egitto nei confronti di Hamas, e un miglioramento dei rapporti con l’Iran. Dichiarazioni in tal senso sono state attribuite al neo presidente.

Sul piano interno, Morsi ha affermato di volere uno stato basato sulla legge islamica, ma rispettoso degli orientamenti diversi.

Per qualche tempo si parla della possibilità che l’incarico di formare il nuovo governo possa essere affidato a Mohamed el Baradei (laico, già mediatore con l’Iran per conto dell’AIEA). Viene invece incaricato Hisham Qandlil, che era ministro delle Risorse idriche nel governo costituito dai militari dopo la caduta di Mubarak. Il ruolo dominante dei militari è confermato dal fatto che sette ministri (su trentacinque) del nuovo governo facevano già parte del precedente. Il maresciallo Hussein Tantawi, capo del Consiglio supremo delle Forze Armate, è nominato ministro della Difesa (ruolo che aveva ricoperto già con Mubarak). Già il 12 agosto 2012, però, lo stesso Tantawi viene rimosso dal suo incarico. Questa mossa sembra evidenziare uno scontro decisivo tra i Fratelli musulmani e i militari.

I risultati delle elezioni (sia di quelle parlamentari invalidate, sia di quelle presidenziali), così come la formazione del nuovo governo, vengono interpretati da molti come una sconfitta delle forze laiche della società egiziana, che sono state alla base del moto di rinnovamento detto “di piazza Tahrir” e che si trovano ad avere scarsa reale rappresentanza.

Il prestigio internazionale di Morsi aumenta per il ruolo da lui rivestito nel cercare una soluzione allo scontro aperto fra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza; grazie al suo intervento si giunge a una precaria tregua. Nelle settimane successive, però, Morsi (con quello che gli avversari definiscono un "golpe bianco") emana un decreto che amplia di molto i poteri del presidente. L'opposizione della piazza spinge però Morsi a ritirare il decreto. Questa confusa situazione si mescola a un'acuta crisi economica che attanaglia l'Egitto.

Dopo quasi due anni il Nordafrica delle primavere arabe presenta molti problemi aperti e situazioni critiche.

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