I paesi europei in cui è attualmente in vigore l'accordo di Schengen: azzurro: paesi firmatari; blu: paesi con confini aperti (Monaco, San Marino, Vaticano); verde: paesi in procinto di entrare (Immagine: Wikimedia Commons)
La costruzione dello «spazio Schengen»
Lo «spazio Schengen» ha preso forma attraverso un processo di lunga durata, che si è andato svolgendo in stretta connessione con la nascita dell’Unione europea e con il successivo allargamento dei suoi confini, i quali comprendono oggi ben 28 Stati. Il primo atto di questo processo è stato l’Accordo di Schengen – una piccola cittadina situata nell’estremo sud del Lussemburgo – che fu firmato il 14 giugno 1985 da cinque paesi europei: Francia, Repubblica federale tedesca, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. Limitatamente ai paesi firmatari, esso stabiliva in 33 articoli che venissero progressivamente aboliti i controlli alle rispettive frontiere, in vista della creazione di uno spazio comune di libera circolazione di merci e persone. Fu tuttavia soltanto con la Convenzione di Schengen, siglata il 19 giugno 1990 dagli stessi cinque paesi ed entrata poi in vigore nel 1995, che sono state fissate concretamente, in 142 articoli, le regole, le condizioni e le garanzie che disciplinano questa complessa materia. È stato questo – a ridosso della nascita dell’Ue – il secondo e fondamentale atto della costruzione dello «spazio Schengen», cui aderirono negli anni immediatamente successivi vecchi e nuovi Stati membri: l’Italia nel 1990, la Spagna e il Portogallo nel 1991, la Grecia nel 1992, l’Austria nel 1995, la Danimarca, la Finlandia e la Svezia nel 1996. L’Accordo e la Convenzione – questo il terzo atto – furono infine incorporati nel Trattato di Amsterdam, uno dei più importanti trattati dell’Ue dopo Maastricht, siglato nel 1997 ed entrato in vigore nel 1999. In tal modo, lo «spazio Schengen» venne strutturalmente integrato nell’architettura istituzionale e giuridica dell’Ue, come ribadito poi dai Trattati di Nizza (2001) e di Lisbona (2007). Da allora esso si è ulteriormente esteso in relazione al processo di allargamento dell’Unione. Con la sola eccezione di Cipro, infatti, sono entrati a farne parte nel 2007 tutti i paesi che nel 2004 hanno aderito all’Ue: Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria. Per la Bulgaria e la Romania (Stati membri dal 2007) e per la Croazia (Stato membro dal 2013) l’accordo non è invece ancora entrato in vigore. Complessivamente, dunque, sono 22 su 28 i paesi Ue che oggi fanno parte dello «spazio Schengen». Accanto agli ultimi citati (Cipro, Bulgaria, Romania, Croazia), infatti, ne sono rimasti fuori l’Irlanda e il Regno Unito, Stati membri delle «Comunità europee» e poi dell’Unione sin dal 1973. Al tempo stesso, tuttavia, sono entrati a farne parte alcuni importanti paesi terzi (non Ue): l’Islanda e la Norvegia nel 1996, la Svizzera nel 2008 e da ultimo il Liechtenstein nel 2011.
Stato membro |
Adesione all’Ue |
Schengen |
Belgio | 1958 | 1985 |
Francia | 1958 | 1985 |
Germania | 1958 | 1985 |
Italia | 1958 | 1990 |
Lussemburgo | 1958 | 1985 |
Paesi Bassi | 1958 | 1985 |
Danimarca | 1973 | 1996 |
Irlanda | 1973 | |
Regno Unito | 1973 | |
Grecia | 1981 | 1992 |
Portogallo | 1986 | 1991 |
Spagna | 1986 | 1991 |
Austria | 1995 | 1995 |
Finlandia | 1995 | 1996 |
Svezia | 1995 | 1996 |
Cipro | 2004 | |
Estonia | 2004 | 2007 |
Lettonia | 2004 | 2007 |
Lituania | 2004 | 2007 |
Malta | 2004 | 2007 |
Polonia | 2004 | 2007 |
Repubblica Ceca | 2004 | 2007 |
Slovacchia | 2004 | 2007 |
Slovenia | 2004 | 2007 |
Ungheria | 2004 | 2007 |
Bulgaria | 2007 | |
Romania | 2007 | |
Croazia | 2013 |
Paesi non Ue che hanno aderito a Schengen | |
Islanda | 1996 |
Norvegia | 1996 |
Svizzera | 2008 |
Liechtenstein | 2011 |
Le regole fondamentali dello «spazio Schengen»
La costruzione dello «spazio Schengen» ha posto e continua a porre problemi di grande rilievo, anche a prescindere dalle emergenze da cui quello spazio è oggi letteralmente «assediato». Essa ha indubbiamente favorito – ed era questo uno dei sui scopi principali – la libera circolazione delle persone in Europa: per un verso, indebolendo in misura assai significativa le frontiere degli Stati, presidio reale e simbolico delle tradizionali sovranità nazional-statali; per un altro verso, promuovendo la maturazione di una coscienza e di una «cittadinanza» comune europea. Questa «libertà di attraversamento delle frontiere interne» – come viene definita nel testo dell’Accordo del 1985 e che ovviamente non riguarda soltanto la mobilità dei cittadini dei paesi Schengen ma quella di tutti coloro che si trovano all’interno dei loro confini – ha tuttavia immediatamente sollevato, accanto a molte difficoltà di dettaglio, tre questioni cruciali: in primo luogo, la necessità di un maggiore coordinamento tra le forze giudiziarie e di polizia nella lotta a diverse forme di criminalità organizzata (tra cui il narcotraffico e il terrorismo), che si muovono effettivamente in una dimensione transnazionale; in secondo luogo, l’esigenza di una progressiva convergenza e armonizzazione delle legislazioni degli Stati Schengen in materia di immigrazione, visti, permessi di soggiorno e diritto d’asilo; in terzo luogo, il bisogno di una precisa definizione della «frontiera esterna» dello «spazio Schengen» e di norme chiare e condivise per il suo attraversamento. È su questi tre versanti – al netto del grande progresso rappresentato dalla sua entrata in vigore – che si è giocata e si gioca ancor oggi la scommessa di Schengen.
Il monumento dedicato agli accordi che si trova a Schengen (Immagine: Wikimedia Commons)