Prospettive… di prospettiva. In questo “Sentiero di parole”, Francesca Dragotto ripercorre la storia del termine “prospettiva”, partendo come di consueto dall’etimologia di questo termine. Un lemma che dal Rinascimento inizia a designare il metodo di rappresentazione grafica degli oggetti che si avvicina di più al modo in cui li vede il nostro occhio. La prospettiva diventa quindi un espediente molto diffuso in architettura e in pittura al quale si ricorre quando si vuole ottenere una visione d’insieme che si avvicini alla realtà.
I maestri pittorici del Rinascimento sono anche veri e propri scienziati sperimentali che indagano la prospettiva secondo le “sensate esperienze” che, un secolo dopo, saranno determinanti per la rivoluzione scientifica di Galileo e Keplero.
Brunelleschi “sperimenta” la prospettiva con un celebre gioco di specchi, nella quale l’artista e architetto mette alla prova la realtà che lui percepisce attraverso il suo occhio.
Se nel Rinascimento la prospettiva è una parola che indaga la realtà che, in un certo senso, entra nei nostri occhi, col passare dei secoli il lemma cambia e si evolve.
Oggi prospettiva è usato molto spesso come sinonimo di “punto di vista”: non da intendersi come il punto di vista di Brunelleschi, ma il modo in cui ciascuno di noi interpreta la realtà. Una realtà non granitica, ma soggetta al punto di vista, inteso come interpretazione più che percezione, del reale.
Questa realtà mediata dagli occhi di ciascun essere umano è in un certo senso la realtà dei POV (acronimo che sta per “punto di vista”, ma anche in inglese, “point of view”) e che ha generato tecniche di ripresa nel cinema, ma che ha avuto un grande successo per esempio nei videogiochi e, più di recente, anche nel linguaggio del web, in particolare nei “meme”.
Crediti immagine: pagine del “De pictura” – crediti: Wikipedia