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Spes ultima dea

Finché c'è vita c'è..."sperazione"

Le parole a disposizione di chi parla una lingua vanno spesso al di là delle grammatiche e delle regole formali. Attraverso l’analisi della famiglia lessicale di “speranza” Francesca Dragotto mostra che le lingue sono in un continuo cammino e che, sempre in un gioco di parole, chi parla può sì errare, ma senza necessariamente sbagliare. 

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Il caso di speranza, con cui si inaugura una nuova stagione di Sentieri di parole, ci mostra come in una lingua, per quanto ricca di possibilità espressive, ci sia un serbatoio di incalcolabili dimensioni a disposizione di ogni generazione di parlanti.

Utenti che per definizione si trovano in bilico tra ciò che hanno ricevuto dalla tradizione linguistica che li ha preceduti e il bisogno di piegare quell’eredità, ma anche il serbatoio a monte di essa, alle necessità della propria vita.

Nel grande gioco della lingua, anche se non lo si vede senza gli strumenti della linguistica diacronica e sincronica, c’è una disperanza per speranza e una sperazione per disperazione.

Con buona pace delle granitiche certezze con cui si formulano giudizi sull’errare che chi apprende la lingua genera grazie al supporto della grammatica mentale.


Crediti immagini: francescoch / iStockPhoto

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