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Dante nel vocabolario

Quanto Dante c'è nelle parole che ancora oggi pronunciamo, o nelle frasi che inconsapevolmente citiamo? Mario Cannella ci aiuta a individuare i "dantismi" grazie a un'indagine approfondita nel cuore del vocabolario Zingarelli.
Dante Alighieri è considerato “il padre della lingua italiana” e l’espressione è stata più volte ripetuta nelle sedi più varie, in modo particolare in questo periodo che precede il settimo centenario della morte. Qui, senza addentrarci nel terreno più specificamente filosofico e linguistico, intendiamo valutare tale giudizio restando nell’àmbito più direttamente lessicografico, inerente cioè alla presenza di lemmi che possiamo definire ‘danteschi’ in un odierno vocabolario dell’uso, lo Zingarelli. “Odierno” e “dell’uso”: cioè a prescindere da un’analisi, pur importante, di quando e come i termini danteschi siano stati registrati nel corso dei secoli dai vocabolari, a cominciare dal primo vocabolario della Crusca del 1612 per continuare con il Tommaseo-Bellini del 1861-’74 e con altri vocabolari come il Giorgini-Broglio (1870-1897) o con lo stesso Zingarelli fin dalla sua prima edizione (1917-’22).  

Le datazioni

A partire dall’edizione del 1999 lo Zingarelli aggiunge, nella sezione Etimologia, la datazione della parola, cioè la data in cui quella parola risulta attestata in un testo scritto di lingua italiana. Informazione di grande interesse, sia strettamente linguistico sia culturale in senso lato, che – va precisato – è sempre provvisoria, specialmente per le datazioni successive al secolo XVIII, a causa dell’emergere di documenti e fonti nuove. Incrociando con i testi danteschi le datazioni e le relative attribuzioni ad autori e testi, possiamo cercare di individuare:
  1. le parole che hanno una data di nascita precedente a Dante ma sono presenti anche nelle opere di Dante;
  2. le parole che sono state create e introdotte da Dante nella lingua italiana, ovvero le parole di Dante onomaturgo, i cosiddetti ‘dantismi’.
 

Prima di Dante

Quanto al punto 1., quando ci riferiamo a opere precedenti a Dante, a chi ci stiamo riferendo? A un gran numero di autori del Duecento e del Trecento. Per fare solo qualche esempio [le date si riferiscono alle opere o alla data di morte dell’autore]: Francesco d’Assisi (1224 ca.); Giacomo da Lentini e altri poeti siciliani (rispettivamente av. 1250 e 1250 ca.); Bonvesin de la Riva (av. 1274); Brunetto Latini (av. 1294; oppure:1262 ca., La rettorica o 1266, Tesoretto); Guido Guinizzelli (av. 1276); Restoro d’Arezzo (1282); Bono Giamboni (av. 1292), Guittone d’Arezzo (av. 1294); Chiaro Davanzati (sec. XIII); Guido Cavalcanti (av. 1300); Iacopone da Todi (av. 1306); Giordano da Pisa (av. 1311); Cecco Angiolieri (sec. XIII o av. 1313). In qualche caso ci si riferisce a testi privi di autore noto, per esempio il Novellino, raccolta di novelle di autore fiorentino della fine del Duecento, datato secolo XIII, e fonte di non poche datazioni, tra cui quella di supino, termine ripreso più volte da Dante (per esempio nel canto X dell’Inferno: supin ricadde e più non parve fora). In qualche altro caso le datazioni non provengono da autori letterari ma da documenti, statuti, atti notarili, ecc. Per esempio, il Breve di Montieri, antico statuto della località in provincia di Grosseto, è presente con la sua datazione (1219) in 105 lemmi dello Zingarelli (tra i quali, per esempio, danneggiare o difendere). Sono molte, oltre 9500, le parole che hanno una datazione precedente a Dante, compresa cioè tra i secoli X e XIII (escludendo le oltre 100 parole relative alla Vita nuova del 1294): si tratta dunque di una parte fondamentale del lessico italiano. Non c’è dubbio però che un certo numero di tali parole sia stato ripreso da Dante stesso nelle sue opere, la cui fama e notorietà hanno contribuito in maniera spesso determinante alla diffusione del termine. Due esempi soltanto tratti dal suddetto Breve: i termini canale e bosco – tra gli oltre 5.400 lemmi considerati nello Zingarelli parole dell’italiano fondamentale, per maggiore frequenza d’uso e notorietà – sono ripresi da Dante nella Commedia.  

I dantismi

Quanto al punto 2., per ‘dantismi’ si intendono le parole o le espressioni coniate da Dante. Limitandoci alle opere più importanti di Dante, le date relative sono: 1294 (Vita nuova), 1308 (Convivio), 1313 (Inferno), 1319 (Purgatorio), 1321 (Paradiso). Precisazione utile anche a fini didattici: utilizzando la ricerca avanzata disponibile nella versione digitale dello Zingarelli, si possono incrociare le date del punto 1. e del punto 2. con le citazioni degli autori, e in particolare di Dante, oppure, come già detto e come vedremo, con le parole dell’italiano fondamentale.  

Qualche esempio

Esempi relativi a 1.: parole che hanno una data di nascita precedente o contemporanea a Dante ma sono presenti anche nelle opere di Dante: guerra (DATAZIONE: poeti siciliani) IN DANTE: m’apparecchiava a sostener la guerra (Inferno II) [NOTA: lo schema DATAZIONE / IN DANTE è implicito nei sette lemmi successivi] blando (Iacopone): La carne d’i mortali è tanto blanda (Paradiso XXII) collerico (in alcuni testi minori del XIII sec.) certi per complessione [indole, Nota mia] collerica sono ad ira disposti (Convivio) governo (poesia cortese toscana del sec. XIII): io sono stato legno sanza vela e sanza governo (Convivio) guadagno (Bonvesin de la Riva): La gente nuova e i sùbiti guadagni (Inferno XVI) lucerna (Restoro d’Arezzo): la lucerna del mondo (Paradiso I) onda (poeti siciliani, B. Latini, Tesoretto, C. Davanzati): là giù colà dove la batte l’onda (Purgatorio I) umile (Francesco d’Assisi): umile e alta più che creatura (Paradiso XXXIII)   Da segnalare che sono circa 250, nello Zingarelli, i lemmi con queste tre caratteristiche:
  • 1) datazione secolo XIII; 2) contenenti una citazione dantesca (il che significa, ovviamente, che sono presenti in almeno un’opera di Dante); 3) contrassegnati nel vocabolario come italiano fondamentale.
Tra di essi cito a titolo di esempio: acquistare, aggiungere, allora, appetito, arnese, battere, cessare, conoscere, costa, degno, dolce, duca, fiato, gelo, gente, incominciare, letizia, miseria, nave, ovunque, parola, passare, pecora, pelo, perché, piangere, premere, quasi, ragione, ramo, riva, sale, selvaggio, servo, siepe, tardo, vecchio, voglia, volgere. È sufficiente scorrere rapidamente questo elenco: si tratta di parole note a tutti: il fatto che termini considerati parole dell’italiano fondamentale abbiano la loro origine nel Duecento e siano poi stati usati da Dante a cavallo di Due e Trecento serve quasi a “fotografare” le radici della nostra lingua.   Esempi relativi a 2.: dantismi: parole o espressioni coniate da Dante. Qualche dato generale:
  • quasi 2000 lemmi nello Zingarelli hanno una prima datazione riferibile alle opere maggiori di Dante, cioè Vita nuova (escludendo dalla ricerca la datazione “av. 1294”, riferibile a Guittone d’Arezzo oppure a Brunetto Latini), Convivio, Inferno, Purgatorio, Paradiso: sono da considerarsi dei dantismi;
  • tra questi 2000 lemmi, quelli considerati nello Zingarelli parole dell’italiano fondamentale sono 261;
  • 353 sono marcati come arcaismi (cioè non più nell’uso dopo i primi decenni dell’Ottocento)
Tra gli arcaismi, sono noti agli studiosi i diversi verbi parasintetici (cioè derivati da un nome con l’aggiunta di un prefisso e di un suffisso); per esempio: inmiarsi (immedesimarsi in me), indiare (innalzare a livello divino), infuturarsi (sopravvivere nel futuro), inleiarsi (compenetrarsi in lei), insusarsi (innalzarsi), insemprarsi (durare eternamente), intuarsi (entrare nel tuo pensiero o sentimento). Si tratta di parole uscite dall’uso dall’inizio dell’Ottocento, tranne eccezioni, frequenti per esempio in D’Annunzio che usa riprendere (in questo caso in Maia del 1903: divina / ambage di rosei veli) termini arcaici e letterari, come qui il dantismo (nel Paradiso) ambage (viluppo, giro tortuoso, ambiguità). Oppure nel libretto (di Antonio Somma) del Ballo in maschera (1858) di Giuseppe Verdi, nel quale all’interno della nota romanza “Eri tu che macchiavi quell’anima” si usa il verbo dantesco indiare nella frase: “O dolcezze perdute! O memorie d’un amplesso che l’essere indìa!”. Uso di arcaismi non infrequente nel settore dei libretti d’opera dell’Ottocento. Gli esempi seguenti riportano, opera per opera, una citazione dantesca e, nel caso della Commedia, l’indicazione del canto.  

Vita nuova

ineffabile: per la sua ineffabile cortesia (...) mi salutoe molto virtuosamente fantasia: ne lo incominciamento de lo errare che fece la mia fantasia eccellente: de le sue mirabili ed eccellenti operazioni  

Convivio

agricoltura: conoscere la vertù dell’erbe pare avere parentela coll’agricultura esilio: pena, dico, d’essilio e di povertate infelice: Chi gitta via la sapienza e la dottrina, è infelice inglese: a gente d’altra lingua, sì come a Tedeschi e Inghilesi origine: Enea venne di Troia in Italia, che fu / origine della cittade romana stupore: tre passioni necessarie (...): l’una si è Stupore; l’altra si è Pudore; la terza si è Verecundia tutt’uno: Cortesia e onestade è tutt’uno  

Inferno

cigolare: li pesi / fan così cigolar le lor bilance. (Inferno XXIII) geometra: Euclide geomètra e Tolomeo (Inferno IV) quatto: O tu che siedi / tra li scheggion del ponte quatto quatto (Inferno XXI) rifiuto: colui / che fece per viltade il gran rifiuto (Inferno III) sbadigliare: sbadigliava / pur come sonno o febbre l’assalisse. (Inferno XXV) severo: Oh potenza di Dio, quant’è severa (Inferno XXIV) urlo: con grand’urli, / voltando pesi (Inferno VII)  

Purgatorio

estatico: mi parve in una visïone / estatica (Purgatorio XV) immenso: E pria che ‘n tutte le sue parti immense / fosse orizzonte fatto d’uno aspetto (Purgatorio XXVII) materno: questi (...) fu miglior fabbro del parlar materno. (Purgatorio XXVI) pineta: tal qual di ramo in ramo si raccoglie / per la pineta (Purgatorio XXVIII) riflettere: una spada nuda avëa in mano / che reflettëa i raggi sì ver’ noi (Purgatorio IX) veicolo: Poscia vidi avventarsi ne la cuna / del trïunfal veiculo una volpe (Purgatorio XXXII) vittima: Carlo venne in Italia e (...) vittima fé di Curradino (Purgatorio XX)  vivace (rigoglioso): i rami gravidi e vivaci (Purgatorio XXIV)  

Paradiso

fertile: fertile costa d’alto monte pende (Paradiso XI) flettere: Come la fronda che flette la cima / nel transito del vento (Paradiso XXVI) gonna: Non avea catenella, non corona / non gonne contigiate (Paradiso XV) orologio: come orologio che ne chiami (...) tin tin sonando con sì dolce nota (Paradiso X) reperire: Fede e innocenza son reperte / solo ne’ parvoletti (Paradiso XXVII) scintilla: L’incendio suo seguiva ogne scintilla (Paradiso XXVIII) tetragono: ch’io mi senta / ben tetragono ai colpi di ventura (Paradiso XVII)   Concludo ricordando che a Dante si deve anche un certo numero di vere e proprio locuzioni o frasi idiomatiche. Un solo esempio, fra i tanti: far tremare le vene e i polsi, impaurire, terrorizzare: aiutami da lei, famoso saggio / ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi (Inferno I).   Crediti immagini Apertura: Giorgio Vasari, Sei poeti toscani (da destra: Cavalcanti, Dante, Boccaccio, Petrarca, Cino da Pistoia e Guittone d'Arezzo), pittura a olio, 1544 (Wikimedia Commons) Box: facebook.com/AccademiaCrusca
1 Commenti
M

Maria Mondelli

13 aprile 2023 alle 19:02

Gli arcaismi nei manuali di Letteratura e/o nelle edizioni della Divina Commedia sono "presentati" come neologismi.

R

Redazione

18 aprile 2023 alle 12:36 - in risposta a Maria Mondelli

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