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La Shoah tra libri, fumetti e film

Come si ricorda una tragedia come la Shoah? Dalle opere memorialistiche (come quelle di Primo Levi) alle più recenti graphic novel passando per il cinema, la letteratura in diverse forme può contribuire a promuovere e consolidare una memoria condivisa

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Una ragazza di Hong Kong di 16 anni non aveva mai sentito parlare in vita sua della Shoah, prima di imbattersi nella lettura del Diario di Anna Frank. Lo riporta un articolo del New York Times, che si interroga sui metodi per raccontare una pagina della storia mondiale ancora troppo spesso tenuta nascosta, persino nelle scuole. “Impariamo la storia cinese, ma non sappiamo molto della storia del mondo”, racconta Natalie Leung, che dopo aver “scoperto” dello sterminio nazista ha deciso di frequentare una scuola internazionale. Quello della Cina è soltanto un esempio, e storie simili si possono trovare anche in Europa, ancora oggi attraversata da negazionismi e pregiudizi razziali. Che fare, dunque? Occorrerebbe prima di tutto promuovere una cultura condivisa, partecipata e attualizzata del passato. Per riuscirci, è fondamentale conoscere la Storia - e le storie - della Shoah. Anche con strumenti nuovi rispetto a quelli didattici tradizionali. La Storia della Shoah: quando ricordarla? Le truppe sovietiche abbatterono i cancelli del campo di concentramento di Auschwitz, rivelando al mondo l’orrore del genocidio nazista, il 27 gennaio 1945. Ecco perché in molti paesi, compreso il nostro, fu scelta proprio questa data per commemorare sia le vittime dello sterminio, sia coloro che avevano tentato di proteggere i perseguitati anche a rischio della propria vita. In Italia il Giorno della Memoria fu istituito da una legge del 20 luglio 2000, e celebrato per la prima volta il 27 gennaio 2001. Nel 2005 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite designò il 27 gennaio come Giornata Internazionale di Commemorazione delle vittime della Shoah. Nonostante questo, in alcuni paesi il ricordo di questi eventi rimane associato anche (o principalmente) ad altre date: per esempio il 5 maggio in Austria (è l’anniversario della liberazione del lager di Mauthausen); il 23 settembre in Lituania (la data si lega all’uccisione degli ultimi prigionieri del ghetto di Vilnius, nel 1943); il 19 aprile in Polonia (il giorno in cui, nel 1943, iniziò la rivolta contro i nazisti nel ghetto di Varsavia). Negli Stati Uniti, in Canada e in Israele la commemorazione si svolge invece il ventisettesimo giorno del mese di Nisan (che cade in una data variabile tra aprile e maggio, essendo il calendario ebraico lunisolare): è lo Yom HaShoah, cioè il “Giorno della catastrofe, della tempesta devastante”. Già: è “Shoah” il termine oggi più usato per definire lo sterminio del popolo ebraico durante la Seconda guerra mondiale; lo si preferisce a “Olocausto”, termine originariamente riferito ai sacrifici che venivano richiesti agli ebrei dalla Torah e per questo ormai considerato improprio.

Per una definizione esaustiva del termine “Shoah” e un generale inquadramento storico del fenomeno, puoi leggere questa voce di Anna Foa per l’Enciclopedia Italiana Treccani. Per un approfondimento sul lungo dibattito nato attorno alla scelta della data del 27 gennaio, puoi leggere invece questo articolo.

Le storie della Shoah: sì, ma quali? Recentemente, lo scrittore israeliano Aharon Applefeld ha pubblicato una lucida riflessione sulla “letteratura della Shoah” – una costellazione affollatissima di opere narrative (più o meno note, più o meno pregevoli dal punto di vista letterario, e non tutte ugualmente complete sotto il profilo della ricostruzione storica) nella quale non è sempre facile orientarsi. Ci sono, anzitutto, testi divenuti ormai dei classici: affrontando questi argomenti è difficile prescindere dalle opere di Primo Levi e dal Diario di Anne Frank; oppure, anche se su un piano leggermente diverso – perché si tratta di opere molto note, ma meno di frequente proposte come testi scolastici – da La notte di Elie Wiesel o dagli scritti (lettere e diari) di Etty Hillesum. Le opere di memorialistica e di riflessione nate da un’esperienza diretta della Shoah avevano come primo scopo quello della testimonianza, resa con la massima obiettività possibile. Questo vale sia per i testi “classici” citati prima, sia per quelli – più vicini a noi nel tempo – che compendiano l’instancabile opera di educazione alla pace condotta da quei sopravvissuti ai campi di sterminio che hanno abbracciato, per così dire, la militanza della memoria. Per limitarci al panorama italiano, vale la pena citare persone come Nedo Fiano, Shlomo Venezia, Piero Terracina, Sami Modiano ed Elisa Springer, che hanno condiviso la testimonianza della loro tragica esperienza incontrando nelle scuole migliaia di giovani, ma anche partecipando al dibattito pubblico e scrivendo opere biografiche. Applefeld la definisce “testimonianza fattuale”, perché resa da persone che hanno vissuto la persecuzione nazista in un’età in cui erano già pienamente capaci di comprendere che cosa stesse loro accadendo. Chiama invece “testimonianza riorganizzata” quella dei sopravvissuti (lui compreso) che durante la Shoah erano solo bambini. Bambini che non avevano potuto conoscere una vita normale precedente alla Shoah, che non avevano termini di paragone o categorie adeguate per classificare compiutamente la realtà – e che per questo motivo, “quando riescono a ricordare che cosa accadde loro durante la guerra mettono in moto fantasia, sensazioni e sentimenti per ricostruire il loro passato”. Tuttavia, conclude Appelfeld, anche la loro limitata esperienza mantiene un valore profondo, aprendo anzi la strada a un nuovo tipo di letteratura sulla Shoah. Diverso, ovviamente, dalla letteratura sulla Shoah di pura invenzione: quella scritta da autori che non sono testimoni diretti. Le riflessioni sul valore artistico e sull’aderenza alla realtà storica, nel caso delle opere di fiction, vanno ovviamente formulate caso per caso.

Per un esempio di quella che Appelfeld chiama “testimonianza riorganizzata”, guarda il film "Vento di primavera", tratto dal racconto di Joseph Weissmann che ha recentemente contribuito a far luce sul terribile episodio del rastrellamento del Velodromo d’Inverno nella Parigi occupata dai nazisti.

Film e fumetti: un modo per capire la Shoah? Rientrano nella fiction basata sulla memoria indiretta anche alcune narrazioni particolari, come le sceneggiature cinematografiche e le graphic novel che trattano il tema della Shoah. Opere di questo genere ottengono talvolta grande notorietà, e vengono sempre più spesso usate a scuola per introdurre o approfondire questi argomenti. Il successo presso il pubblico può essere indice di una discreta qualità artistica, ma non è per forza garanzia di correttezza fattuale: qualche anno fa il romanzo Il bambino con il pigiama a righe dello scrittore irlandese John Boyne vendette circa cinque milioni di copie in tutto il mondo, ispirò un film blockbuster ai botteghini, ma fu duramente criticato per le inesattezze storiche che conteneva. Anche in questo caso, la conoscenza della Storia potrà aiutarci a scegliere.

Prima di cominciare un percorso didattico, clicca qui per leggere un utile strumento come la lista di suggerimenti stilata dalla Fondazione CDEC (Centro di documentazione ebraica contemporanea). Se invece vuoi approfondire il tema della produzione a fumetti sulla Shoah, la rivista online "Lo spazio bianco" offre due interessantissime (e aggiornate) risorse, qui e qui.

Immagine di apertura: statua commemorativa di Anna Frank a Barcellona (via Wikimedia Commons –  Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 ) Immagine per il box: Federico Zanone, "Memoriale della Shoah per non dimenticare..." (via flickr – CC BY-SA 2.0) 

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