Quante volte capita di avere una parola “sulla punta della lingua”, ma di non riuscire a ricordarla? Se, per esempio, proviamo a elencare il nome dei sette re di Roma o dei sette nani, scopriremo molto probabilmente di non ricordarne uno o due. Saremmo però in grado di riconoscere quei nomi in un elenco. L'informazione era quindi nella nostra mente: ma perché non è emersa? Questa è solo una delle tante domande che riguardano la memoria, una facoltà che tutti possediamo, ma che siamo ancora ben lontani dal comprendere a pieno. La difficoltà di circoscrivere la memoria La memoria è un “oggetto” difficile da isolare dalle altre capacità della mente. Per esempio, mentre scriviamo al computer è in atto una memoria (definita dagli psicologi “non dichiarativa”) che ci dice quali tasti schiacciare, ma anche un ricordo di quanto in precedenza abbiamo deciso di mettere per iscritto; tuttavia il ricordo della nostra idea è già vago, ma è ancora vivido quello dell'emozione che abbiamo provato nel momento in cui l'abbiamo concepita. Come si vede, è molto facile intuire da un lato perché sia così importante ciò che chiamiamo memoria e dall'altro perché sia così difficile analizzare questa facoltà. Come si studia la memoria? Ai test degli psicologi da tempo si sono affiancati altri strumenti per lo studio della memoria. Una strada fondamentale considera i soggetti che hanno subito lesioni cerebrali e le conseguenze sul piano della memoria. Ben presto, studiando questi casi, neurochirurghi e neurologi si sono resi conto che a seconda delle aree colpite alcuni aspetti della memoria erano danneggiati, mentre altri restavano integri. Da qui hanno tratto la conclusione che alcune aree del cervello sono coinvolte in una specifica attività della memoria e non in altre. Per esempio, l'ippocampo e le aree corticali circostanti sono fondamentali per la memoria dichiarativa, ossia quei ricordi di cui siamo consapevoli (per esempio, dove abbiamo trascorso il Natale dell'anno scorso).
Grazie alle attuali tecniche di neuroimaging è possibile studiare il funzionamento della memoria anche in una condizione di normalità, per esempio “disturbando” tramite dispositivi magnetici l'attività di una parte del cervello di un soggetto sottoposto a esercizi di memoria. La topografia della memoria non è però completa: oggi sappiamo che non esiste una sola memoria e una sola area cerebrale che le è dedicata. La memoria è piuttosto una capacità di immagazzinare informazioni che si articola in sottosistemi “sparsi” nel cervello. Secondo ricerche recenti, i ricordi possono anche cambiare localizzazione. Per aggiornare la metafora della memoria come “un cassetto che contiene i ricordi”, potremmo dire che col tempo e le circostanze i ricordi passano da un cassetto a un altro.
Il lavoro della memoria Alcune sfortunate persone, afflitte da un disfunzione della memoria, ricordano tutto quello che accade loro. Invece di essere un vantaggio, questo accumulo di ricordi è una condanna che impedisce di rielaborare gli avvenimenti e di vivere il presente. Di norma, dato che il flusso di sensazioni e di eventi nel quale siamo immersi è enorme, la memoria trascura molti dati e ne trattiene solo alcuni. Ma quali? È facile ipotizzare che un ricordo sia strettamente legato alla motivazione del ricordo stesso, cioè alla ragione per cui scegliamo di trattenere un'informazione piuttosto che un'altra (i fidanzati si ricordano il primo bacio, ma non tutti i baci che si sono scambiati nel corso de tempo). Con il passare del tempo, alcuni ricordi cadono nell'oblio. A volte ciò accade in seguito a patologie degenerative, come il morbo di Alzheimer (che comporta una distruzione dei neuroni e un'atrofia corticale). Altre volte, forse, perché scompare la motivazione che li reggeva (pensiamo alla facilità con cui, passando dal liceo all'università, uno studente di ingegneria dimentica i verbi latini e uno studente di lettere le formule matematiche). Quando una traccia mnestica (un ricordo) cessa di essere rievocata, viene “scavalcata” da altre che sono evocate più di frequente. Alcuni ricordi possono, al contrario, essere riattivati, cambiare motivazione e addirittura indotti. Nel ricordo, a volte, l'evento vissuto o l'informazione appresa viene “aggiustata” per essere resa più coerente con il modo di vedere le cose del soggetto oppure particolari ritenuti insignificanti (ma magari semplicemente inusuali) sono accantonati. Nel volume intitolato non a caso Manipolare la memoria di Andrea Lavazza e Silvia Inglese (Mondadori Università, Milano 2013) sono citati vari esperimenti che hanno messo in luce questo fenomeno. È il caso di alcune persone che, stimolate da intervistatori psicologi, ricordavano i particolari di quando da bambini si erano perse al supermercato. Gli psicologi dicevano agli intervistati di aver ricevuto questa informazione da un loro parente: in realtà entrambe le cose non erano mai accadute. La memoria non è quindi una rievocazione passiva, ma un'attività ricostruttiva di eventi vissuti, che riempie i vuoti presenti nei ricordi con scelte plausibili. Al pari delle nostre conoscenze o forse proprio perché i ricordi sono anch'essi conoscenze, la memoria può essere accresciuta e corretta o andare incontro a perdite. A differenza di tanti programmi informatici, che sono in grado di aggiornare un file e di conservare la “storia” delle operazioni compiute, la nostra memoria appare un sistema fragile, mosso dalle esigenze del presente. L'uomo non è solo memoria Scoprire che la memoria, alla quale la nostra identità è così strettamente associata, non è una cassaforte inespugnabile né un album fotografico inalterabile può essere sconcertante. Il neurologo Oliver Sacks (in L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello, Adelphi, Milano 2001) racconta lo stato d'animo di alcuni pazienti afflitti dalla sindrome di Korsakoff, un'amnesia retrograda. Incapaci di memorizzare quanto accade nel presente, i pazienti di Sacks sono rimasti “bloccati” in una certa epoca, in alcuni casi decine di anni prima. Il resto è scomparso dalla loro memoria e ogni nuova esperienza viene rapidamente dimenticata. Qualche malato vive il dramma del contrasto tra passato e presente (per qualche istante, perché poi dimentica il contrasto stesso), altri invece recuperano nella “cassetta degli attrezzi” del loro animo altri strumenti, come il senso estetico e l'abilità manuale, con i quali svolgono attività che danno loro soddisfazione. Storie terribili e affascinanti che spiegano l'importanza e la labilità della memoria.
Immagine di apertura: Hey Paul Studios, Brains! (via flickr) – CC. BY. 2.0