Puoi seguire questo link per approfondire le conferenze inter-alleate durante la Seconda Guerra Mondiale. Qui trovi invece il testo finale della Conferenza di Jalta.
Tolstoj in guerra
Per qualcuno, la guerra che colpì la Crimea nella prima metà degli anni 50 dell’800 fu la prima autentica guerra europea: vi partecipavano il Regno di Sardegna, la Francia e l’Inghilterra che, in appoggio al "grande malato", l’Impero ottomano, si opponevano alla Russia. Si trattava di limitare le mire espansionistiche di Mosca, che aveva occupato le valli danubiane e puntava alla conquista del Bosforo e dei Dardanelli; soprattutto, lo zar voleva “liberare” Costantinopoli – città madre dell’ortodossia – dalla morsa dei turchi infedeli. Alla guerra di Crimea, tra il ’54 e il ’55, partecipò anche un giovane ufficiale che in seguito sarebbe entrato nella storia della letteratura: il conte Tolstoj. Sui contrafforti del porto di Sebastopoli, durante uno degli assedi più lunghi della storia moderna, Tolstoj rischiò la vita e immaginò un ciclo di tre lunghi racconti, I racconti di Sebastopoli, che sono la prova generale del libro di una vita: Guerra e pace. Sebastopoli fu perduta: la Russia non era più la superpotenza che 40 anni prima aveva cacciato Napoleone dalle sue terre. Nei racconti del conte, come nella realtà, i russi avevano combattuto a Sebastopoli in nome della patria: la penisola di Crimea, che da circa un secolo era un governatorato indipendente benché contiguo alla Russia, era sentita come un’appendice di Mosca.
Puoi leggere qui "I racconti di Sebastopoli" di Lev Tolstoj.
Franz Roubaud, "Assedio di Sebastopoli", 1854-55 (immagine: Wikipedia)
La rivoluzione bianca
La Crimea avrebbe ripreso le armi nel 1918, in seguito alla Rivoluzione d’Ottobre, e si sarebbe schierata contro i bolscevichi: di nuovo, a ben vedere, la piccola regione sul Mar Nero provava a liberarsi dell’ingerenza di Mosca. Era “bianca” la Crimea ed era “bianca” l’Ucraina. La loro battaglia fu cantata da Michail Bulgakov nel primo dei suoi romanzi, La guardia bianca: ambientato durante la guerra civile, il romanzo racconta le vite dei fratelli Turbin, che lottano contro i bolscevichi a Kiev. È l’epopea di una sconfitta: nel ’21 la Crimea e l’anno successivo l’Ucraina vengono piegate al volere di Mosca e diventano delle Repubbliche Socialiste. Bulgakov trasse dal suo romanzo una pièce teatrale, I giorni dei Turbin, che non aveva nulla per ottenere il visto della censura e invece l’ottenne: messa in scena a Mosca alla fine degli anni 20 diventò la rappresentazione preferita – nessuno sa spiegarsi il perché – nientemeno che di Iosif Stalin…
Qui puoi approfondire la storia dei rapporti tra Stalin e Bulgakov. Un film da vedere sulla guerra civile russa è "L’armata a cavallo", del 1967.
"L’Ucraina è un’invenzione"
La Repubblica di Crimea viene trasformata in provincia dell’Unione Sovietica alla fine della Seconda Guerra Mondiale; nove anni più tardi, nel 1954, è Chruščëv a cambiare di nuovo le carte in tavola assegnandola all’Ucraina. In filigrana, in queste operazioni si legge un pregiudizio millenario: quello che vuole che la Russia possa disporre a suo piacimento di quelli che considera Stati e regioni satellite. In ogni caso, la decisione del Segretario del PCUS crea nuovi scompensi: la popolazione di lingua russa che nel corso degli anni si è ormai stabilita in Crimea non accetta il cambio di Stato: così, una regione che ha storicamente tentato di affrancarsi da Mosca ogni volta che ha potuto, da 60 anni a questa parte vive nuove tensioni che fanno capo al senso di appartenenza alla Russia di una larga fetta della sua popolazione. Ma c’è di più: ancora oggi la maggior parte dei russi – Putin in primis – non considera l’Ucraina e quelle terre come "altro da sé". L’Ucraina è semplicemente un pezzo di Russia che dopo il crollo del Muro ha osato adottare una bandiera diversa: il 30% della sua popolazione (a sud e a est) è russofono o bilingue; la religione, salvo che nella zona di Leopoli dove la comunità più forte è cattolica, è quella ortodossa; il governo post-rivoluzione arancione è considerato un’emanazione del Cremlino. Insomma, l’Ucraina è un’appendice che ha l’obbligo di stare vicina alla Russia (non è un caso che i cittadini russi non abbiano bisogno del visto per andare a Kiev). Tra i fedelissimi di Putin di stanza in Crimea in questi giorni gira addirittura l’adagio "l’Ucraina è un’invenzione": si credono europei ma sono figli della madre Russia, e non devono osare opporsi al progetto di russificazione che Mosca ha in programma per loro.
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Una terra sconfitta
Il 6 marzo 2014 il Consiglio Supremo di Crimea – senza tenere conto del fatto che esistono anche lì delle correnti non trascurabili che guardano all’Europa e dunque a Kiev – ha chiesto ufficialmente a Putin di essere annesso alla Russia: da alcuni giorni la lingua ufficiale della Provincia era diventata il russo, a dispetto di ciò che negli stessi giorni accedeva nel resto del Paese, dove il nuovo governo aveva deciso di togliere l'idioma di Mosca dalla lista delle lingue ufficiali. L’11 marzo, con 78 voti favorevoli su 81, il Parlamento di Simferopoli ha votato l’indipendenza dall’Ucraina, anticipando di alcuni giorni l’esito di un referendum indetto per il 16 (e vinto dai filorussi con un plebiscito) aumentando il caos di una terra che, dal crollo del Muro, non ha mai saputo inventarsi una strada. Tra corruzione, spinte europeiste o no, emigrazione di massa e scarsità di lavoro, l’Ucraina è oggi soprattutto un luogo abbandonato, dove sembra impossibile pensare al futuro: ce l’aveva raccontato nel 2010 il più grande fumettista italiano, Igort, dopo due anni passati a girare il Paese e a registrarne gli umori, in un libro che riassume la storia politica e umana di un secolo che, in quella parte di mondo, non è mai stato breve. I suoi Quaderni ucraini sono il protocollo di una sconfitta, il ritratto «di un paese dove un presente inquietante si è sostituito alla terribile eredità staliniana, dove gli omicidi hanno preso il posto dei gulag e la corruzione dilaga» e, forse, il modo più efficace per chi vuole provare a capire le cause di ciò che sta succedendo a poche ore di volo da noi.