Le paure liquide
L’aggettivo “liquido” si è rivelato così azzeccato da contagiare altri sostantivi, come “paura”. Di che cosa abbiamo paura? Secondo Bauman, nella società attuale i nostri timori sono molti. Esistono le paure immediate, dovute a un pericolo incombente, come quando un rapinatore ci minaccia arma alla mano. Esistono inoltre paure derivate, che sono una sorta di ipersensibilità o di insicurezza verso il mondo là fuori e i suoi aspetti meno noti e spesso meno sperimentati. Esiste però anche un terzo tipo di paura, quella tipica del mondo globalizzato, che nasce da notizie di minacce imminenti, come il millennium bug, il virus della mucca pazza, i cibi transgenici... un insieme di paure che danno la sensazione di vivere su una sottile lastra di ghiaccio, che può spezzarsi da un momento all’altro. Queste paure, “liquide” perché diffuse senza barriere, sono molte e variano a seconda delle condizioni sociali, ma condividono la caratteristica di apparire insormontabili in una società individualistica, dove i legami sociali sono andati spezzandosi.La paura dell’altro
Tra le molte paure che assillano l’uomo della società liquida contemporanea vi è quella degli altri, immigrati, profughi e più in generale “estranei” al nostro gruppo sociale. Bauman analizza con attenzione due strutture abitative che questa paura genera: i campi profughi e i quartieri fortificati. I campi profughi, recintati e regolamentati, costituiscono una sorta di “transitorietà congelata” (come Bauman scrive in La società sotto assedio, Laterza, Roma-Bari 2003): un luogo di passaggio, ma che non cessa di esistere, dove il tempo delle persone è sospeso in attesa di qualcosa, mentre le loro identità vanno trasformandosi sotto il peso degli eventi. Dietro i muri o i recinti dei campi profughi sono “inimmaginabili”, perché le società che li hanno confinati non sanno immaginare come ricollocarli. Rimandarli da dove sono partiti, luoghi di violenze e distruzione, non è possibile; ma neppure mandarli avanti, verso altre destinazioni sembra una scelta percorribile, non fosse altro per l’ostilità che provocherebbe nei nuovi ospitanti. Il muro come mezzo di sicurezza sembra agli occhi di Bauman l’ultima illusione della nostra epoca. Erigere muri veri e propri o altre forme di limitazione della mobilità non riuscirà a fermare l’ondata migratoria che dai paesi meno fortunati si dirige verso l’Occidente e ciò per il semplice fatto che in una società globalizzata lo Stato nazione non ha il potere di fermare eventi globali.
Per approfondire questo concetto puoi leggere questa intervista a Bauman
https://openmigration.org/idee/intervista-a-zygmunt-bauman/
Agli occhi di Bauman, i muri sono quindi solo una manifestazione dell’ennesima paura della società globalizzata e una prova dell’incapacità degli Stati di creare da soli una condizione di sicurezza nel mondo globalizzato. Essi, però, costituiscono anche un tradimento dei valori su cui si basa la stessa fondazione dell’Europa, ossia il superamento delle barriere tra i diversi popoli che si erano combattuti per secoli.
A tal proposito, puoi leggere questo articolo
https://www.corriere.it/esteri/16_luglio_25/zygmunt-bauman-le-risposte-demoni-che-ci-perseguitano-b1d972a6-52a3-11e6-9335-9746f12b2562.shtml