Scommettere su un cavallo vincente, decidere quali numeri giocare al lotto, muovere in modo compulsivo la leva di una slot machine sono comportamenti tipici di chi spera in un colpo di fortuna. La ricerca della fortuna è un’attività a cui le scienze sociali hanno dedicato un'attenzione intermittente, almeno fino a quando non è diventata un'emergenza sociale e si è iniziato a parlare di una vera e propria ludopatia.
Qualche considerazione generale
Che cosa distingue un gioco da un altro? Secondo l’intellettuale francese Roger Callois, i giochi possono essere di competizione (come nello sport), di sorte (come nella roulette), di fantasia (come i giochi di ruolo dei bambini), di vertigine (come andare sulle montagne russe).
Al pari di tutte le altre classificazioni dei giochi, anche questa vale più come bussola che come specchio della realtà: per esempio, scommettere a testa e croce è diverso dalla competizione che si sviluppa nel gioco del poker, che richiede una certa competenza, ma entrambi possono essere considerati giochi di sorte. Di fronte al gioco d'azzardo le scienze sociali hanno reagito in modo diverso e forse quella che ha speso più energia è stata la psicologia. Molti studi hanno cercato di fornire una risposta al perché una persona si impegni senza interruzione in un gioco d'azzardo che porta più perdite che guadagni.
La psicologia al lavoro
Le risposte a questa domanda sono state molte. Freud e i suoi epigoni hanno cercato nel gioco compulsivo la manifestazione di un bisogno di punizione che affonda le origini nella prima infanzia e nella ribellione alle istanze genitoriali. Secondo lo psicologo statunitense Marvin Zuckerman (1928-2018), l'elemento chiave è invece l'eccitazione che si prova nel momento in cui si accetta l'azzardo, si alza la posta in gioco o si fa la puntata. Questo insieme di stimoli permetterebbe di raggiungere un funzionamento ottimale del sistema nervoso. Per i cognitivisti, invece, il giocatore d'azzardo è guidato da convinzioni sbagliate circa i giochi e la possibilità di vittoria. Attraverso una correzione di tali credenze, è possibile sottrarre il giocatore al circolo vizioso del gioco distruttivo. A queste visioni se ne è aggiunta un'altra, che vede nel giocatore compulsivo un malato affetto da malfunzionamenti di alcune aree del cervello, che incidono sulle sensazioni di eccitazione e piacere.
L'etnologia dell'azzardo
Se la psicologia si sofferma su bisogni e comportamenti in chiave individuale, l'antropologia preferisce considerare i comportamenti come pratiche interne a una certa cultura. L’interesse dell’antropologia per i giochi d’azzardo non deve stupire, perché fa parte della progressiva mutazione della disciplina, che sempre meno si occupa di popoli lontani e sempre più della nostra realtà. Le analisi antropologiche vedono nei giocatori di oggi dei soggetti interessanti, che obbediscono ad alcune regole della propria cultura, ma che nello stesso tempo esprimono comportamenti devianti. Per capire meglio questo concetto, possiamo considerare un gioco secolare, legale e regolato dallo Stato, ossia il lotto. Al lotto si vince indovinando da due a cinque numeri estratti su novanta. Piero Alberti (in Il gioco del lotto: un gioco di regole ed emozioni in Il gioco pubblico in Italia, a cura di G. Imbucci, Marsilio, Venezia 1999) distingue i giocatori del lotto in fortunisti, cabalisti o scientifici, a seconda che scelgano i numeri in base a ispirazioni del momento, a un'interpretazione numerica degli eventi o sulla base del calcolo delle probabilità e delle serie storiche. I giocatori possono quindi optare per un modo diverso di relazionarsi con il gioco, spesso a seconda del loro contesto di vita, della frequenza con cui giocano e delle altre convinzioni che li caratterizzano. Per esempio, una scelta basata sul calcolo delle probabilità indica la condivisione di un modo di pensare scientifico (anche se declinato in modo errato, come quando si va alla ricerca dei numeri ritardatari); chi trova una corrispondenza tra eventi e numeri condivide un orizzonte “magico” di pensiero. A dispetto dell'ampia diffusione della scienza nella nostra società, il pensiero magico continua a sopravvivere nella nostra società e fornisce una via per razionalizzare una realtà caotica, nella quale accadono eventi che appaiono inspiegabili, se non si chiamano in causa il malocchio, la negatività ecc., spiega Nicoletta Rocca in Italia magica (Castelvecchi, Roma 2005). In questo contesto la vincita al lotto è un modo per dare una svolta alla propria esistenza, entrando nelle grazie della fortuna. Quanto più la vincita diventa difficile e il premio aumenta, tanto più aumenta l'attesa sociale: è uno dei rari casi in cui nella società individuale il gioco passa dalla dimensione personale a quella collettiva.
Etnologi al lavoro
La nuova frontiera di studio del gioco d'azzardo promossa dall’antropologia sta nell'osservazione diretta e in una certa misura nella partecipazione al gioco stesso. Cosa fanno le persone in una sala giochi? Come si comportano di fronte a una slot machine? Secondo l'etnologo svedese Binde, l'etnologia deve comprendere i significati che al gioco vengono dati da una persona e analizzarne il suo vissuto.
Un'esperienza simile è stata sperimentata in Italia da Mauro Pini che nel volume Febbre d’azzardo. Antropologia di una presunta malattia (FrancoAngeli, Milano 2012) racconta di aver intervistato alcuni soggetti impegnati in percorsi terapeutici e di aver frequentato le sale giochi per sperimentare su se stesso le sensazioni tipiche del gambling. Da queste indagini emerge un ritratto complesso dei giocatori d’azzardo, perché la ricerca della fortuna nel gioco d'azzardo non è riducibile al solo bisogno di soldi o alla ricerca di una forma di esaltazione. Sembra piuttosto che tutte le motivazioni individuate da decenni di studi possano entrare in gioco, in misura diversa, a seconda delle esperienze e del carattere del giocatore. Tanti tipi di giocatori, dunque, ma tutti attesi dall’ultimo disastroso lancio di dadi. (Crediti immagini: pxhere)