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Cinema e intelligenza

Lungometraggi drammatici che raccontano il dilemma etico tra progresso e morale da un lato e film leggeri e divertenti dove menti poco brillanti diventano improvvisamente geniali: l’intelligenza al cinema è spesso protagonista.

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I geni ci affascinano (e un po’ ci fanno paura). Persone fuori dalla norma, e come tali “merce pregiata” per sceneggiatori e registi. Ma d’altra parte può fornire ottimi spunti, soprattutto per le commedie, anche chi dell’intelligenza non è proprio un campione. Grandi menti/idioti totali, il binomio ha spesso funzionato nella storia del cinema. Stanlio, giusto per fare un esempio, è tonto per antonomasia, ma anche a lui può capitare (al cinema TUTTO può capitare!) di diventare professore in un prestigioso college inglese. E il giardiniere Chance, protagonista di Oltre il giardino, è un sommo genio o un radicale cretino? Molto spesso, passando ai film biografici e drammatici, l’intelligenza è legata all’impossibilità di vivere una vita normale e tranquilla: è il caso di tanti matematici, fisici, bambini prodigio, alle prese con la difficoltà di entrare in relazione con il mondo che li circonda. Il tema è infinito, perché comprende anche i “geni del male”, capaci di mettere le loro capacità al servizio di regimi mostruosi oppure di progetti distruttivi. Un film di grande successo uscito pochi mesi fa, Oppenheimer, è in qualche modo un compendio di queste attualissime (e inquietanti) problematiche.

Cartesio, di Roberto Rossellini, Italia 1973

Roberto Rossellini ritorna spesso in questi nostri “panorami cinematografici”. Il motivo è semplice: i film di questo grandissimo maestro del cinema italiano non passano mai di moda. Questo, in realtà, è un lavoro realizzato per la televisione, un mezzo al quale Rossellini guardò in particolare negli anni finali della sua carriera. Era infatti convinto che il piccolo schermo, con la sua diffusione capillare in tutte le case, fosse uno strumento indispensabile per poter trasmettere il sapere, per fare insomma opera di divulgazione soprattutto verso chi non era in possesso di un’istruzione superiore. Una scommessa in qualche modo paragonabile a quella di Piero Angela, il maggiore dei nostri divulgatori televisivi, e in più sorretta dalla fama raggiunta con i capolavori cinematografici (uno per tutti: lo straordinario Roma città aperta, del 1945). Compito davvero non facile: condensare in poco più di due ore la vita, e soprattutto il pensiero, di un filosofo e matematico straordinario, vissuto tra il 1596 e il 1650. Il suo fondamentale Discorso sul metodo spiegato nel modo più semplice possibile; le sue discussioni con gli ottusi difensori a tutti i costi della tradizione; i lunghi soggiorni di lavoro e studio in Olanda e Svezia. L’intelligenza al lavoro: quella di René Descartes, tra i massimi fondatori della modernità, e quella di Roberto Rossellini, fiducioso oltremisura nelle possibilità educative dell’allora ancora giovane televisione. Con una mesta riflessione finale: chissà quale sarebbe la sua reazione se avesse la possibilità di vedere come si è ridotta l’amata tv…

Oltre il giardino, di Hal Ashby, Usa 1979

Tutti ne sono incantati, tutti pendono dalla sua bocca. Le sue frasi sibilline vengono ritenute dagli ascoltatori come oracoli illuminati dal genio: ma il giardiniere analfabeta Chance, l’uomo dalla cui bocca escono questi venerati messaggi, è davvero una persona dall’intelligenza superiore alla media? Mistero. Il personaggio, già protagonista del romanzo Presenze di Jerzy Kaminski, anche sceneggiatore del film, è quanto di più enigmatico si possa immaginare. Sembra di assistere a una riscrittura della fiaba di Andersen I vestiti nuovi dell’imperatore, là dove solo un innocente bambino ha il coraggio di urlare: «Il re è nudo!». Qui tutti si inchinano davanti all’(apparente) intelligenza mostruosa di Chance, ma a ogni sua battuta ci viene il sospetto che possa essere una sciocchezza tremenda, e che gli “intelligentoni” intenti a santificarlo siano in realtà dei palloni gonfiati, degli ipocriti conformisti, capaci solo di adattarsi ai giudizi degli altri. Ma il dubbio resta: verso il finale, Chance cammina addirittura sulle acque, proprio come Gesù nell’episodio evangelico. E allora, abbiamo torto noi? La forza più grande di questo film sta proprio nel lasciarci nel dubbio. L’intelligenza può essere  qualcosa di sfuggente per noi comuni mortali, qualcosa che ci mette continuamente alla prova. Anche nella vita quotidiana, nella decifrazione delle notizie, nella lotta continua per capire il vero valore dei leader del mondo: chi di loro è davvero dotato di qualità superiori e chi invece è solo bravo nello spacciare luoghi comuni? Chance, aiutaci tu!

La stangata, di George Roy Hill, Usa 1973

Una commedia, ne abbiamo bisogno. Qui con l’intelligenza si gioca, e con l’intelligenza ci si diverte. Da una parte due simpatiche canaglie (con diversi “collaboratori”), dall’altra un violento “canaglione” che merita davvero il brutto scherzo che i primi due gli stanno per tirare. Il meccanismo della trappola è altamente sofisticato, così come tutte le “rotelline” della sceneggiatura, perfetta in ogni tassello. Ovunque l’intelligenza brilla: nella messa a punto del piano per incastrare l’antipatico, nella sua esecuzione, e ancora di più nel coinvolgimento dello spettatore che, per divertirsi in pieno, non deve perdere nessuna battuta, nessun particolare, mettendo così alla prova anche la sua, di intelligenza. La stangata è un film ideale per capire il funzionamento del grande cinema: alla prima visione si resta irretititi nella trama, si “tifa” per le simpatiche canaglie, ci si gode fino alla fine la suspense. Già a una seconda visione ci si comincia a rendere conto di quanto sia stato complicato il lavoro degli sceneggiatori, del regista, del montatore: la macchina spettacolare hollywoodiana funziona così bene proprio perché “sembra” semplice, mentre nella realtà è il frutto del lavoro certosino di una folla immensa di collaboratori, tanto migliore quanto più si rende “invisibile”. È dunque, sic et simpliciter, il trionfo dell’intelligenza, dall’una e dall’altra parte dello schermo. Un film d’evasione, certo, ma allo stesso tempo un concentrato del saper fare ” illuminato” dal genio dei suoi autori.
Ps: Buon divertimento!

La teoria del tutto, di James Marsh, Gran Bretagna 2014

La mente e il corpo. Una mente prodigiosa, all’altezza dei maggiori geni della storia; un corpo distrutto a poco a poco da una gravissima malattia degenerativa, l’atrofia muscolare progressiva. La mente e il corpo di Stephen Hawking, cosmologo inglese che appena ventenne, mentre studia a Cambridge, inizia a pensare a una teoria in grado di spiegare la nascita dell’Universo. La malattia non si è ancora manifestata, il giovane studioso è pieno di entusiasmo, sicuro di essere sulla strada giusta. Il film ne racconta la vita e gli studi, le persone che gli sono state accanto, a partire dalla moglie Jane che lo assiste quando la malattia comincia a minargli il fisico. Quella di Hawking è un’intelligenza (sovrumana) in perenne “guerra” contro un corpo che sempre più gli diventa di peso. Chiunque si sarebbe arreso di fronte all’impossibilità prima di muoversi, poi addirittura di parlare. Eppure quell’intelligenza è troppo grande per farsi rinchiudere in questa trappola: con l’aiuto di un’infermiera e di supporti tecnici, lo scienziato riesce ancora a comunicare, a scrivere libri, a illuminare con le sue idee i misteri della realtà. La lotta è commovente, si scontra con i sentimenti, con la più che comprensibile stanchezza della moglie, con la depressione sempre in agguato. Ma l’intelligenza è più forte e il genio, per una volta, è anche uno straordinario maestro di vita. Per tutti noi.

Oppenheimer, di Christopher Nolan, Usa, Gran Bretagna  2023

Quando l’intelligenza suprema si incrocia con la suprema ferocia della guerra. Questa è una storia che ci riguarda tutti: l’invenzione, e immediatamente dopo, l’impiego della bomba atomica. Una ricerca partita dal desiderio di scoprire com’è fatta la materia, quali sono i suoi segreti più profondi. Da un lato la teoria, che riceve uno straordinario influsso dalle intuizioni del Genio Assoluto, Albert Einstein, e poi arriva alle prove in laboratorio di altre intelligenze eccelse, come l’italiano Enrico Fermi, poi emigrato in America. Si parla di tutti questi “mostri d’intelligenza”, nel film di Nolan, ma il protagonista assoluto è lui, Julius Robert Oppenheimer. Un uomo dalla mente complessa, un novello Prometeo, sempre sull’orlo di un possibile crollo nervoso. Ma è a lui che il governo degli Stati Uniti decide di affidare il progetto esecutivo dell’”arma assoluta”, la Bomba in grado di distruggere un’intera città, sterminandone gli abitanti. Dunque il dilemma è terribile: contribuire alla costruzione di questo ordigno diabolico, favorendo così la vittoria del proprio Paese, o rinunciare per motivi morali? Oppenheimer e i suoi colleghi decidono di andare avanti, pur non mancando tra di loro qualche voce critica. Si ritirano in mezzo al deserto, a Los Alamos nel Nuovo Messico, e lavorano alacremente al progetto. Com’è andata a finire è purtroppo cosa ben nota: Hiroshima e Nagasaki, le due città martiri, vaporizzate in un istante e con loro decine e decine di migliaia di donne, uomini, bambini. Tutti civili, colpevoli solo di essere giapponesi. Il film, molto complesso (va visto solo dopo avere studiato in modo approfondito le vicende di quegli anni) ci porta all’interno della mente di Oppenheimer, ci fa sentire i suoi dubbi e i suoi slanci, senza tralasciare il suo difficile rapporto con i politici di Washington, sullo sfondo della storia crudele di quegli anni.  Ma, soprattutto, ci dà da pensare, visto che l’incubo atomico abita ancora fra noi.

Noi siamo le colonne, d Hal Roach, Usa 1940

E per finire… una lunga risata liberatoria! Stanlio & Ollio sono gli intramontabili del cinema, tra i pochi protagonisti del passato che non conoscono il declino. Poteva mancare una loro capatina in un college di Oxford? No, ovviamente, anche se risulta difficile immaginarli chini sui banchi della prestigiosa università inglese. Arrivati al seguito di una serie strampalate coincidenze, i due non avrebbero assolutamente nulla da fare, se non essere lo zimbello degli altri studenti, a meno che… A meno che non intervengano circostanze e coincidenze assurde, che solo il cinema comico può giustificare. Prima coincidenza : Stanlio è praticamente il sosia di un celebre professorone locale, scomparso da tempo nel nulla. Seconda coincidenza, ancora Stanlio dopo una gran botta in testa, si ritrova con un cervello geniale. È proprio lui, il professorone che è tornato, con la sua intelligenza mostruosa, esultano tutti i colleghi. Fino al prossimo colpo in testa, ovviamente.
E così ci congediamo dai geni, dando anche a quelli di noi che si immedesimano in Stanlio e Ollio l’illusione di potere un giorno, chissà…


Crediti immagine: Peter Zurek – Shutterstock

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