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7. Una nuova legge elettorale per l'Italia

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È alla luce dei principi e dei meccanismi che abbiamo indicato che sarà opportuno «decifrare» il dibattito sulle riforme elettorali che si sta accendendo in Italia tra le principali forze politiche. Tenendo naturalmente presente che tali principi e meccanismi possono essere «ibridati» a piacere, anche se con effetti non sempre prevedibili e/o auspicabili.
In linea di massima, il grande problema che la politica italiana si è trovata ad affrontare negli ultimi decenni è stato quello della «governabilità», senz’altro robustamente aggravato per gran parte dell’età repubblicana (1948-1992) – insieme a molti altri fattori che non possono essere qui richiamati – dall’adozione di una sistema elettorale proporzionale tendenzialmente puro.
Per tentare di sciogliere questo problema, negli ultimi vent’anni sono state elaborate e adottate due diverse legislazioni elettorali: nel 1993 il cosiddetto «Mattarellum» e nel 2005 il cosiddetto «Porcellum». Il primo ha introdotto uno strano e complicatissimo ibrido di maggioritario e di proporzionale, prevedendo da un lato di attribuire il 75% dei seggi di Camera e Senato sulla base di collegi uninominali e sulla formula del turno unico e riservando dall’altro il residuo 25% dei seggi a un riparto proporzionale in varia misura corretto. Il secondo, invece, ha reintrodotto un sistema di tipo proporzionale basato sulle circoscrizioni plurinominali, ma fortemente corretto con i meccanismi della soglia di sbarramento e del premio di maggioranza.
Senza entrare nei dettagli, possiamo dire che, in entrambi i casi, queste legislazioni elettorali hanno funzionato poco e male rispetto alla questione della governabilità. Il Mattarellum non è riuscito a ridurre in modo significativo la frammentazione del sistema dei partiti. E anche se ha favorito il dispiegamento di una logica bipolare, non è servito a ridurre – soprattutto nel 1994 e nel 1996, un po’ meno nel 2001 – l’instabilità delle coalizioni parlamentari e dei governi. Il Porcellum, dal canto suo, ha funzionato malissimo nel 2006 e assai meglio nel 2008, quando ha finalmente prodotto un chiaro vincitore della competizione elettorale. Si è rivelato però del tutto inefficace nel 2013, quando all’Italia bipolare del Popolo della Libertà e del Partito democratico è subentrata, con lo straordinario successo del Movimento 5 Stelle, una nuova e inedita Italia tripolare, ingovernabile al massimo grado, se non con una innaturale «grande coalizione» di centro-sinistra e centro-destra.
È in questo quadro che il Porcellum – dichiarato peraltro incostituzionale dalla Consulta – è diventato improvvisamente «inagibile». Ed è in questo quadro che ha preso piede l’idea di una nuova riforma elettorale, che possa governare un sistema politico in cui si trovano a convivere tre grandi minoranze non disposte, almeno in linea di principio e in casi estremi, a coalizzarsi.
Si tratta di un compito estremamente arduo, che potrebbe però essere reso superfluo da radicali riorientamenti delle opzioni di voto degli italiani, quali quelli emersi dai risultati delle recentissime elezioni europee del 25 maggio 2014.

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