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Digitale e didattica inclusiva

Il digitale offre possibilità didattiche innovative per poter preparare lezioni e momenti di formazione più inclusivi e capaci di coinvolgere un maggior numero di alunne e alunni. Attraverso il riferimento ad alcune esperienze internazionali, Elisa Mandelli si concentra soprattutto sulle narrative e sugli strumenti di storytelling offerti dai linguaggi multimediali.

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Una scuola inclusiva riconosce il diritto di tutte le persone, anche con bisogni educativi speciali, a partecipare in modo attivo e il più possibile autonomo alla vita scolastica. Punto di partenza per costruire l’inclusione è la predisposizione di contesti educativi che riescano ad accogliere e garantire le stesse opportunità a tutte e tutti, a partire dagli spazi fino ai materiali didattici. Ogni studente dovrebbe avere la possibilità di accedere al materiale messo a disposizione dall’insegnante senza incontrare ostacoli che ne impediscano la comprensione.

Una didattica inclusiva individua e si prende cura delle esigenze specifiche di chi ha bisogni speciali, senza però isolarle come problema individuale, ma facendole entrare in dialogo con le caratteristiche dell’intero gruppo classe.

La progettazione adotta approcci, strumenti, tempistiche e modalità di valutazione che permettano ad ognuno, nella sua unicità, di trovare il proprio spazio nella collettività. “Il concetto di inclusione”, scrive il docente di pedagogia Lucio Cottini,

“si appella a un fondamento teorico assoluto, che vede ogni individuo, indipendentemente dai tratti culturali o personali, come entità costitutiva dell’istituzione sociale, che trova nella piena valorizzazione di tutti la sua stessa ragione d’essere” (Costruire ambienti inclusivi con le tecnologie).

Universal Design for Learning

A questo principio si appella l’Universal Design, in italiano Progettazione Universale. Sviluppatosi in ambito architettonico, l’Universal Design non chiede di applicare dei correttivi per eliminare le barriere dagli edifici, ma, più a monte, di progettare già senza barriere.

Nella sua applicazione all’insegnamento, l’Universal Design for Learning (UDL) è un modello che aiuta a proporre una didattica che tenga conto, già nel momento in cui viene pensata, della presenza di diverse soggettività, abilità e capacità. Questo fa sì che non si debbano rendere accessibili per chi ha bisogni speciali le attività pensate per il resto della classe, ma che esse siano già in partenza adatte a tutte e tutti.

Il gruppo di ricerca americano CAST (Center for Applied Special Technology) ha delineato un quadro di riferimento che articola l’UDL in tre principi base (https://udlguidelines.cast.org/).

Il primo principio, “fornire molteplici forme di coinvolgimento”, sottolinea come gli interessi e le fonti di motivazione possano variare a seconda delle diverse abilità, ma anche del contesto e della situazione. Per questo si rivela utile immaginare fin dall’inizio opzioni di coinvolgimento molteplici, che permettano a ciascuna persona di sentirsi chiamata in causa in modo significativo. Per esempio, al lavoro individuale si può alternare quello di gruppo, a esperienze innovative si possono affiancare routine più consolidate.   

Il secondo principio, “fornire molteplici forme di rappresentazione”, tiene conto delle differenze nel percepire e interpretare le informazioni, a seconda di eventuali disabilità sensoriali, difficoltà di apprendimento o provenienze culturale. È importante allora presentare diverse prospettive, usare materiali accessibili e adattabili in base alle esigenze e alle preferenze, raccontare attraverso più media (mappe, video, grafici, immagini).

Il terzo principio, “fornire molteplici forme di azione ed espressione” significa invece permettere alle e agli studenti di esprimere ciò che sanno in modi diversi, che siano il testo scritto, la voce o la musica, le immagini, un artefatto analogico o digitale, a seconda di quello che sentono più congeniale in quel momento e per quell’attività.

Tecnologie digitali e inclusione

Le tecnologie si rivelano strumenti strategici per favorire i processi di inclusione. A un primo livello, le Tecnologie Assistive (TA) permettono alle persone con disabilità di fare ciò che altrimenti non potrebbero fare, o di farlo in modo più facile, sicuro e autonomo. Ne sono un esempio la sedia a ruote, gli apparecchi acustici, i sintetizzatori vocali, le tastiere facilitate.

Più in generale, gli strumenti digitali oggi a disposizione della didattica permettono una progettazione che tenga conto dei principi esposti in precedenza. Presentazioni multimediali, video, podcast, quiz online, ebook, sono solo alcuni dei territori su cui esplorare forme di insegnamento innovative e inclusive.

La commistione di diversi linguaggi, tipica del digitale, offre a ciascuno la possibilità di individuare quello che comprende o usa meglio. La ricchezza di materiali che si possono usare nella didattica favorisce un coinvolgimento su piani diversi e fa sì che più persone riescano a sentirsi motivate e a loro agio.

La possibilità di adattare modi e tempi di fruizione, anche solo regolando la velocità del parlato o tornando indietro nella visione di un video, viene incontro ai diversi livelli di abilità. La facilità di utilizzo di alcuni tool rende agevole l’uso di supporti alla comprensione, come ad esempio la sottotitolazione dei video o la creazione di schemi e mappe. La opportunità di inserire link e rimandi a materiali di approfondimento consente di modulare il livello di complessità dei contenuti, mantenendo al contempo la chiarezza e linearità.

Il Digital Storytelling per l’inclusione

Una progettualità che permette di sperimentare queste potenzialità è il Digital Storytelling (DST). Esso si può definire come il racconto di storie tramite strumenti digitali che favoriscano la commistione di diversi linguaggi (immagini fisse e in movimento, audio, musica, testi scritti, eccetera). Tali storie possono riguardare la vita personale delle e degli studenti oppure momenti dell’esperienza collettiva della classe. O ancora, possono essere legate più da vicino ai contenuti curriculari, declinati in forma narrativa e multimediale (ad esempio il racconto di una vicenda storica tramite un video o una presentazione interattiva).

Per fare un esempio di DST per l’inclusione, partiamo da una scena del film La classe - Entre les murs, di Laurent Cantet.

L’uscita della pellicola risale al 2008, quando il digitale cominciava a entrare nelle aule e nelle attività didattiche. Eppure, la narrazione mette già in evidenza alcuni elementi che ritroviamo oggi nelle sperimentazioni più riuscite di storytelling digitale.

Il film racconta la vita scolastica in un quartiere difficile nella periferia parigina, concentrandosi su un docente di lettere, François, e la sua classe. Partendo da una lezione sul diario di Anna Frank, il professore chiede ad alunni e alunne di scrivere il proprio autoritratto.

Souleymane, ragazzo con forti problemi disciplinari, si rifiuta inizialmente di svolgere il compito. Qualche giorno dopo, però, arriva con alcune fotografie scattate con la sua macchina digitale, che poi scarica sul pc della scuola. Sollecitato dall’insegnante, Souleymane compone un racconto con immagini e brevi didascalie. Ne emerge un mosaico del suo vissuto: la famiglia, amiche e amici, i tatuaggi, i luoghi frequentati. Entusiasta, il docente espone le fotografie sul muro dell’aula. La classe si dimostra curiosa e partecipe, e Souleymane appare, forse per la prima volta, orgoglioso del proprio lavoro.

Il professore del film si è dimostrato in grado di accogliere di un’esigenza dello studente, quella di raccontarsi con strumenti diversi dalla scrittura. Se diventa un approccio consapevole, l’apertura a molteplici linguaggi valorizza la creatività di ciascun individuo e mostra come tutte e tutti possano arrivare allo stesso risultato, seppure con strumenti diversi.

In un percorso didattico strutturalmente praticabile attraverso diverse forme espressive, alunne o alunni hanno, come Souleymane, la possibilità di scegliere se scrivere, scattare foto, registrare un audio o girare un video, comporre un montaggio delle proprie musiche preferite, oppure progettare una mappa digitale degli spazi della propria vita quotidiana.

In quest’ottica la narrazione ha un ruolo fondamentale, come mostra anche il film. Per coinvolgere nella lezione ragazze e ragazzi, il docente fa leva sul loro vissuto personale. Ma innanzitutto deve convincerli che la loro storia è importante: per lui, per il resto della classe, e per loro stessi. La scrittura non serve solo per esercitare l’ortografia, la grammatica e tutte le regole della lingua, ma diventa qualcosa di più: la possibilità di riconoscersi e vedersi riconosciuti come individui.

«Raccontare storie, soprattutto storie personali, è uno dei modi più potenti che esistono per educare e per fare comunità in classe», scrive la docente, studiosa e attivista bell hooks in Insegnare il pensiero critico. «Quando tutti in un’aula, compresi gli insegnanti, condividono le proprie esperienze personali, l’unicità di ogni voce diventa facilmente percepibile».

bell hooks, pseudonimo di Gloria Jean Watkins, è stata una scrittrice e attivista femminista americana. Il suo pseudonimo, bell hooks (con entrambe le prime lettere minuscole) era un tributo alla bisnonna materna, Bell Blair Hooks. Si è occupata di diritti, in particolare di intersezionalità e di questioni di genere e di classe. È scomparsa nel 2021 all’età di 69 anni.  

Clicca nel link che segue per leggere una biografia di bell hooks (in inglese) 
https://www.britannica.com/biography/bell-hooks

Infine, il film mostra come il protagonismo delle e degli studenti vada di pari passo con l’apertura alla condivisione. L’autoritratto fotografico esposto in classe è occasione per Souleymane di ri-guardare il proprio lavoro, accogliendo nello stesso momento le domande e i commenti del resto della classe (“chi è quella ragazza?”, “questa foto è sfuocata”).

Poco contano le tecnologie utilizzate: la macchina fotografica del film sarebbe oggi la fotocamera di uno smartphone, le stampe appese al muro una presentazione di Canva. Al centro dello storytelling digitale non ci sono i software, ma la possibilità di avere voce, di raccontare e raccontarsi, di trovare e avere accesso alla forma espressiva più congeniale. E di affrontare tutte queste sfide in un ambiente collaborativo, aperto al dialogo e alla crescita.

I diversi linguaggi e soluzioni tecnologiche diventano strumenti a disposizione di ogni studente per ritagliarsi degli spazi di partecipazione, ma deve essere il più ampio contesto scolastico a tenere conto della loro individualità e del loro diritto a esperire tempi, modi e strade diverse.

Bibliografia

bell hooks, Insegnare il pensiero critico: saggezza pratica, Meltemi, Milano, 2023.
Enrico Angelo Emili (a cura di), Costruire ambienti inclusivi con le tecnologie: indicazioni teoriche e spunti pratici per una scuola accessibile, Erickson, Trento, 2023.


Crediti immagini: golero / iStock Photo

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