Che cosa c’entra con il futuro un film come Habemus Papam, girato nel 2011 da Nanni Moretti? Non ci sono astronavi, alieni in arrivo da altri mondi, umanoidi o robot…
E invece c’entra, e anche molto, perché il regista romano è riuscito a creare un film in cui si adombra un evento che, di lì a poco, è diventato realtà: un Papa che non si sente all’altezza del compito che gli grava sulle spalle. Dunque, un autore particolarmente attento al suo tempo, può riuscire a diventare, in qualche modo, “profeta”. Fortuna? Coincidenza? Anche, ma così è capitato al grandissimo regista russo Andrej Tarkovskij, che in Stalker, del 1979, immagina una “Zona Proibita” estremamente simile a quella sorta attorno alla centrale di Cernobyl, in seguito al catastrofico incidente nucleare del 1986. Oppure ancora, e in questo caso alle origini stesse del cinematografo, il “mago” George Méliès che in Viaggio nella Luna si immagina (ovviamente con i mezzi e gli ingenui “trucchi” di allora) la conquista del nostro satellite da parte degli umani. Con la sua straordinaria capacità di dare corpo alle fantasie più varie, il cinema si è dunque sempre confrontato con questa dimensione del tempo che “non esiste”, se non nelle nostre pre-visioni. Un genere in particolare, la fantascienza, ne ha fatto ovviamente il suo terreno obbligato. Ma tracce di futuro si possono trovare in molte altre opere, le più varie, compresi i disegni animati (basta ricordare WALL•E): il cinema non ha mai amato i limiti temporali, così come la fantasia dei suoi autori. E pensare che i fratelli Lumière, agli inizi della sua storia, lo avevano definito “un’invenzione senza futuro”: mai avrebbero potuto prevedere che persino i registi e gli sceneggiatori sarebbero stati messi in discussione dalla creatività (?) dell’Intelligenza Artificiale. Il futuro, a quanto pare, è già ora.
Accadde domani, di René Clair, Usa 1944
Partiamo dal cinema “di una volta”, quello in bianco e nero che tanto spaventa noi spettatori contemporanei. Fidatevi: non è affatto una fatica vedere i film del passato, soprattutto quando sono di valore come questo. Si tratta di una “favola surreale”, diretto dal maestro francese René Clair, espatriato in America durante la Seconda guerra mondiale. Lo spunto di partenza è geniale: il protagonista riceve incredibilmente e inspiegabilmente ogni sera il quotidiano del… giorno dopo! Si tratta di un vantaggio competitivo, come direbbero gli economisti, di straordinario valore rispetto a tutti gli altri. E infatti, di lì a poco, ritroviamo l’uomo ricco come un nababbo, invidiatissimo per la sua capacità di agganciare senza fallo gli affari più redditizi. Tutto va a gonfie file finché non appare la notizia della sua morte: che cosa potrà mai fare, dunque, per sfuggire al destino indicato dal giornale? Come nella migliore tradizione dei film girati a Hollywood, si può sperare in un lieto fine. Anzi, propongo un gioco: fermate la visione del film a questo punto, e ciascuno di voi cerchi di sostituirsi agli sceneggiatori. Come fareste finire, voi, la storia?
Il Giudizio Universale, di Vittorio De Sica, Italia 1961
Vittorio De Sica regista, Cesare Zavattini sceneggiatore: si riforma con questo film la “coppia d’oro” di quel fantastico periodo del cinema italiano che va dalla fine della Seconda guerra mondiale alla metà degli anni ‘60. Facilità e felicità di racconto, attenzione agli umili, alla piccola gente, realismo e surrealismo a braccetto, miseria sociale e favola liberatoria, tutto questo mostrato in capolavori come Ladri di biciclette, Miracolo a Milano, Umberto D, celebri in tutto il mondo. E tutto questo si ritrova, almeno in parte, anche nel Giudizio Universale, dove si immagina che a Napoli una misteriosa Voce proveniente dal cielo annunci, addirittura, la Fine del Mondo. Ma non in un imprecisato avvenire remoto: subito, al tramonto, entro poche ore. Futuro prossimo, dunque, e perciò ancora più pauroso. Come in un terrificante affresco medioevale, donne e uomini capiscono che stanno per essere portati al “Tribunale Supremo”, si rendono conto che si possono spalancare per loro le porte dell’Inferno. Diavolo d’un De Sica, diavolaccio di uno Zavattini! In un susseguirsi frenetico di brevissimi episodi, vediamo scorre un incredibile campionario di umanità: e purtroppo sono in molti a tirar fuori, in questo momento così straordinario, il peggio del loro carattere. Un esame di coscienza collettivo, un’impietosa visione dei vizi nascosti di nessuno: il futuro incombente come cartina al tornasole non solo per i personaggi del film, ma anche e soprattutto per chi lo vede.
Ps: il finale è a colori!
2001 Odissea nello spazio, di Stanley Kubrick, Usa, Gran Bretagna 1968
Eccolo “il” film sul futuro. la pellicola che più ha segnato lo sviluppo della fantascienza. Kubrick si immagina che nel giro di soli tre decenni (il film è del 1968) l’umanità abbia già colonizzato la Luna e sia in grado di raggiungere gli altri pianeti del Sistema solare. Strumento indispensabile per queste esplorazioni è l’Intelligenza Artificiale: il supercomputer HAL 9000 guida infatti la missione dell’astronave al centro del racconto. Ma il film inizia con un misterioso prologo ambientato 4 milioni di anni fa, con alcuni ominidi impegnati nella terribile lotta quotidiana per la sopravvivenza. Uno di loro raccoglie un grande osso di animale, lo tiene fra le mani e poi… lo trasforma in un’arma, con la quale può difendersi e attaccare. Questo fatto epocale, questa frattura nella storia dell’avventura umana avviene alla presenza di un misterioso monolite nero. Qual è il suo significato? E perché lo rivedremo di nuovo, questa volta nel futuro? Avanti e indietro nel tempo e nello spazio, l’opera di Kubrick (accompagnata da una colonna sonora che ha fatto epoca) è un continuo, angosciante viaggio nel mistero stesso della vita. Soli su un granellino di materia nell’immensità dell’Universo, dotati di un’intelligenza che arriva a creare strumenti di una potenza incredibile. Meraviglia e sgomento, dall’osso animale brandito come arma alla bomba atomica. Qual è dunque il destino degli esseri umani? La loro intelligenza è inevitabilmente distruttiva? Kubrick pone le domande, a tutti noi, immersi nelle sue immagini altamente spettacolari, il tentativo di dare una risposta.
Jobs, di Joshua Michael Stern, Usa 2013 / The Social Network, di David Fincher, Usa 2010
Due geni che hanno inventato il futuro: Steve Jobs e David Zuckerberg. Partendo dal nulla, hanno trasformato il nostro modo di stare “nel” mondo. Se pensiamo alla società prima di loro, ci sembra di precipitare nella preistoria. In quel mondo in cui ancora si usavano le cabine telefoniche e i computer erano “mostri” dalla dimensioni impressionanti, Steve Jobs immagina e poi crea, nel garage (!) di famiglia, qualcosa di assolutamente rivoluzionario: una “macchinetta” elettronica dalle capacità straordinarie e dalle dimensioni ridottissime, capace di entrare in ogni casa. Da allora niente è stato più uguale, tutto si è evoluto a velocità sempre più elevate. Il film esplora la personalità complessa e carismatica di questo visionario, spinto da una fede nel futuro quasi messianica. E di visione del futuro parla anche The Social Network, ovvero la storia della nascita di Facebook insieme al ritratto del suo inventore, altro uomo dalla personalità a dir poco “complicata”. Una ideuccia semplice semplice, mettere in contato i compagni di corso all’università attraverso il Web. All’inizio solo un gioco, destinato a esplodere in una compagnia multimiliardaria. Ritratti di persone che “hanno visto” oltre il presente, costruendo materialmente il futuro. Menti fuori dal comune, caratteri difficili: anche i geni, nel loro piccolo, sono esseri umani, nel bene e nel male.
https://hotcorn.com/it/film/news/the-social-network-recensione-film-david-fincher-aaron-sorkin-jesse-eisenberg-andrew-garfield-streaming-trama-cast/
The Creator, di Gareth Edwars, Usa 2023
Intelligenza Artificiale: un gravissimo pericolo o un’opportunità in grado di farci compiere un balzo in avanti mai visto prima? Come sempre, quando qualcosa di veramente nuovo entra nella vita di tutti noi, paura e speranza si intrecciano. In questo caso, davvero il futuro si fa presente. Tutti i sogni (e gli incubi) della fantascienza si sono materializzati nel mondo del 2055. Causata da un malfunzionamento dell’Intelligenza Artificiale, ormai presente in ogni campo della vita economica e sociale, Los Angeles è stata distrutta da un’esplosione atomica. Il governo degli Stati Uniti decide quindi di eliminare questo strumento diabolico dalla faccia della Terra, iniziando una guerra senza quartiere contro i Paesi della “Nuova Asia” che ancora ne fanno uso. La sceneggiatura del film non è perfetta, con diversi punti che restano oscuri. Tuttavia si avverte il timore fortissimo che il futuro possa portare solo guai all’umanità, sotto forma di nuove guerre e macchine che si ribellano. Un mondo popolato di “quasi esseri umani”, donne e uomini “replicanti” capaci di sentimenti e attaccati alla vita come noi, ma anche nostri simili nell’uso di una violenza barbarica. Una lotta all’ultimo sangue per la sopravvivenza, con una regressione alla barbarie della preistoria.
POST SCRIPTUM
…e, sempre in riferimento a persone geniali che hanno “visto” il futuro…
«Saremo in grado di comunicare tra di noi istantaneamente, indipendentemente dalla distanza. Non solo, ma attraverso la televisione e la telefonia potremo vederci e sentirci l’un l’altro perfettamente, come se fossimo faccia a faccia, nonostante le distanza intermedie di migliaia di miglia; e gli strumenti attraverso i quali saremo in grado di fare ciò saranno incredibilmente semplici rispetto al nostro telefono presente. Un uomo sarà in grado di portarne uno nel taschino del panciotto.»
Nikola Tesla, 1926
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