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Prendersi cura del mondo con le parole. Letteratura, squilibrio, cecità, futuro

Lavarsi le mani, il rapporto tra gli animali e gli uomini, l’ecosistema: Andrea Tarabbia parte da alcune questioni legate al coronavirus e ci guida in un viaggio letterario attraverso uno degli obiettivi dell’Agenda 2030, quello relativo alla salute e al benessere di tutti.
Bisognerebbe dedicare un articolo, anzi, un libro, a ciascuno dei 17 obiettivi dell’Agenda 2030 e ai suoi rapporti, esistenti o ancora da immaginare, con la letteratura.
Clicca qui per consultare la pagina dell'ONU dedicata all'Agenda 2030
Naturalmente, questo non è possibile, per lo meno non in questa sede. Così, ho provato a immaginare un percorso tematico che abbracci e riassuma sotto un’unica idea la maggior parte degli obiettivi, e la cosa a cui ho pensato è il concetto di cura. In fin dei conti, banalizzando un po’, l’Agenda 2030 non è che un elenco di modi attraverso cui possiamo, anzi, dobbiamo, prenderci cura del mondo e degli altri. Ma faccio un passo indietro. C’è un momento di svolta, nella riflessione sulla letteratura di questi anni: è il 2016, anno in cui compare un libro smilzo ed elegante, scritto da un grande autore indiano, Amitav Ghosh. Il libro si chiama Il grande squilibrio (per qualche motivo, in italiano è stato tradotto con La grande cecità) ed è stato ispirato all'autore da una constatazione: quando si parla di riscaldamento climatico e cambiamenti ambientali lo si fa generalmente sotto forma di saggio e reportage. Non esistono, o quasi, romanzi, narrazioni che mettano i grandi cambiamenti di questa epoca al loro centro. Questa intuizione Ghosh l’ha avuta lavorando a un romanzo, Il paese delle maree, ambientato in una regione del Bengala le cui coste si stanno ritirando progressivamente e le cui terre coltivate soffrono per le infiltrazioni di acqua salmastra. Tutto questo Ghosh lo ha scoperto documentandosi per il romanzo e, naturalmente, questa scoperta ha modificato la trama e i personaggi del libro: ha dovuto ripensare parti del romanzo e fare in modo che i suoi protagonisti facessero i conti con l’innalzamento del livello del mare. La riflessione di Ghosh è centrale perché dice una cosa semplice che però nessuno aveva mai detto: la letteratura deve reagire e raccontare questi cambiamenti, ma lo deve fare in opere realiste, che raccontano il mondo per come è. Fino all'uscita di La grande cecità, infatti, quando un romanzo parlava di cambiamenti climatici o epidemie era rubricato sotto la sigla di romanzo di fantascienza o distopico. Oggi questo non è più possibile: la letteratura non può non occuparsi del mondo, e occuparsi del mondo oggi significa mettere sotto la lente temi che, fino a poco tempo fa, sembravano appartenere alla letteratura di genere. Per capirci: si scriveva di pandemie solo in romanzi storici (I promessi sposi, per esempio) o ambientati nel futuro (La peste scarlatta di Jack London): oggi, se si vuole raccontare il 2020 per come è, bisogna parlare del Coronavirus.
Per leggere un’intervista a Amitav Ghosh a proposito di "La grande cecità" clicca qui
E proprio dalle questioni legate al Coronavirus vorrei partire, legandomi all'obiettivo 3 dell’Agenda 2030 – quello relativo alla salute e al benessere di tutti.  

Cura 1: lavarsi le mani

Nel 1924 si laureava in Medicina, presso l’Università di Rennes, in Francia, un certo Louis-Ferdinand Auguste Destouches – questo era il nome con cui, alla periferia di Parigi, per molti anni il dottore sarebbe andato avanti a curare i suoi pazienti; ma Destouches è più noto per essere stato uno dei più grandi e controversi scrittori del Novecento con il nome di Louis-Ferdinand Céline, autore tra l’altro di Viaggio al termine della notte, Morte a credito, la Trilogia del Nord – opere che hanno profondamente modificato la letteratura del Novecento, e di cui in questa sede non parlerò.
Per un approfondimento su "Viaggio al termine della notte" clicca qui
Quello che ci interessa oggi è la tesi di laurea di Destouches, un libello che in seguito sarebbe stato pubblicato come un vero e proprio pamphlet narrativo e che ancora oggi, con il titolo di Il dottor Semmelweis, circola nelle librerie italiane. Vi si racconta una storia semplice e a suo modo atroce: è la vita di Ignác Semmelweis, medico viennese che visse e operò nella prima metà del XIX secolo e che è noto per aver scoperto le cause della febbre puerperale, un’infezione che può verificarsi dopo il parto o dopo un aborto e che, nella Vienna dell’epoca, faceva centinaia di morti (circa una donna su quattro). Ebbene, Céline, pardon, Destouches (ci vorrà ancora una decina d’anni perché il dottore diventi Céline), racconta, con un linguaggio furibondo, di una scoperta elementare fatta da Semmelweis: si moriva di febbre puerperale perché le donne venivano visitate da medici che avevano appena sezionato cadaveri e toccavano le pazienti senza essersi lavati le mani. Semmelweis impose, nel suo ospedale, delle norme igieniche che per noi sono scontate (non del tutto, forse, viste le raccomandazioni dei medici in queste settimane di Coronavirus…) ma che all'epoca non lo erano. La cosa atroce è che Semmelweis dovette lottare contro colleghi e pregiudizi per imporre l’igiene, e ci vollero vent'anni perché le pratiche di disinfezione divenissero obbligatorie negli ospedali.
Per un approfondimento sulla storia del Dottor Semmelweis clicca qui
 

Cura 2: animali = uomini

Il premio Nobel 2018 è stato assegnato alla scrittrice polacca Olga Tokarczuk (niente paura: pronunciarne il cognome è più semplice di quanto sembri), autrice, tra gli altri, di un romanzo con uno strano titolo mutuato dal poeta inglese William Blake: Guida il tuo carro sulle ossa dei morti. In Guida il tuo carro… si racconta la storia di una signora anziana e un po’ stramba, Janina, che vive sola in un villaggio rurale nel sud della Polonia; alcuni mesi prima dell’inizio della storia le hanno ammazzato i cani, che lei chiamava le Bambine, e con cui viveva in una sorta di simbiosi.È vegana, femminista e atea in un paese di mangiatori di carne, maschilisti e cattolici. Molti abitanti del villaggio, parroco compreso, sono cacciatori e Janina sospetta che tra di loro ci siano i responsabili della morte delle Bambine. All'improvviso, i cacciatori cominciano a morire di morte violenta: sui luoghi del ritrovamento dei corpi si trovano impronte, tracce animali, tanto che Janina comincia a raccontare in giro che, secondo lei, questi omicidi sono il modo in cui gli animali selvatici (cerve, volpi, insetti) si stanno vendicando dell’uomo. Ne viene una specie di giallo il cui centro, però, non è la faccenda degli omicidi, ma il mondo che Janina si è creata attorno: non parla con gli animali, ma li sente, li percepisce e loro sembrano imbastire con lei un dialogo muto. Di fatto, in Guida il tuo carro sulle ossa dei morti non esiste un confine netto tra essere umano e animale, ma tutte le creature sono, attraverso Janina, in comunicazione tra loro, ed è per questo che lei considera mangiare una bistecca una forma di cannibalismo. Ecco, Janina non è matta: in lei e grazie a lei si verifica una sorta di comunione tra tutte le specie viventi, la vita sulla terra è una, gli animali hanno gli stessi diritti degli uomini e, secondo il suo personale punto di vista, la propria coscienza. Il mondo di Janina è più ampio del nostro, prevede comunicazione, amore e rispetto tra le specie e in esso, per una volta, l’uomo non è il centro nevralgico di tutto.
Per un ritratto di Olga Tokarczuk clicca qui
 

Cura 3: l'ecosistema

Infine le piante. In italiano si chiama Il sussurro del mondo, in originale The Overstory – che forse potrebbe essere tradotto con “sovrastoria”: è il libro a cui fa riferimento Ghosh nell'intervista che abbiamo linkato all'inizio. Lo ha scritto Richard Powers, uno scrittore americano, e all'apparenza racconta la storia di Patricia, che scopre che le piante comunicano tra loro, e di altri personaggi, tutti diretti verso la California per cercare di impedire l’abbattimento di una sequoia gigante. Ma non è questo il punto. Il punto è che Powers ha costruito il suo libro come il tronco di un albero: al di là dei titoli delle varie parti (Radici, Tronco, Corona, Semi), la narrazione procede per cerchi concentrici. Avete presente quando, osservando un ceppo, si possono contare i cerchi del tronco? Avete presente che si dice che, contando il numero di cerchi, si può stabilire l’età dell’albero? Ecco, Powers ha costruito il suo libro in questo modo, immaginando, più che una concatenazione di storie, una serie di vicende che si irradiano intorno alla scoperta di Patricia e alla sequoia in pericolo. Ma perché la “sovrastoria”? Per un motivo molto simile, forse, a quello che anima Guida il tuo carro sulle ossa dei morti: perché non ci siamo solo noi, non siamo il centro di nulla. Scrive Powers: «Le persone non sono la superspecie che credono di essere. Altre creature – più grandi, più piccole, più lente, più veloci, più vecchie, più giovani, più potenti – sono quelle che decidono, creano l’aria, e si nutrono della luce del sole. Senza di loro, nulla». La storia è nostra, l’abbiamo scritta e la stiamo scrivendo. Ma non è che una piccola parte della sovrastoria, che la contiene e la sovrasta. E questa sovrastoria non siamo i soli a poterla scrivere.
Per un approfondimento su Il sussurro del mondo clicca qui
  Crediti immagini Apertura: Pixabay Box: Amitav Ghosh (Wikimedia Commons)

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